Il 1980 è la linea di demarcazione anagrafica che separerebbe chi è cresciuto con le tecnologie digitali- come computer, internet, telefoni cellulari e Mp3 (“Nativi digitali”) – da quelli che vi si sono dovuti convertire (“Non nativi digitali”). Secondo Luca Sofri segnerebbe anche la separazione tra il mondo nuovo ed il mondo vecchio, tra i protagonisti e gli emarginati del nostro tempo . E’ questa la tesi espressa ne “L’era dei tardivi digitali”, la prefazione che ha scritto per il libro “Nati con la rete” di Urs Gasser e John Palfrey che uscirà il 3 giugno per Rizzoli (http://www.wittgenstein.it/2009/05/20/lera-dei-tardivi-digitali). All’interno dei “non nativi digitali” ci sarebbero, poi, gli “ibridi” e i «tardivi digitali». I primi sarebbero quelli abbastanza vecchi da aver frequentato il mondo «di prima», ma anche abbastanza giovani da essersi subito adeguati al mondo «di dopo», avendo, quindi, gli strumenti per capire e discutere l’esplosiva crescita di internet. Il fenomeno nuovo è, invece, la categoria dei «tardivi digitali» che negli ultimi tempi si sono riversati in rete attratti dalla “accessibilità e familiarità di alcuni suoi luoghi e prodotti”.
Tra questi un posto di rilievo spetta sicuramente a Facebook, il cui straripante successo è dovuta alla facilità con cui vi si può accedere, anche se non si conoscono i meccanismi della rete, per cercarvi, e trovarvi, contenuti familiari e rassicuranti. Tra gli aspetti negativi di questo tipo di informatizzazione di massa ci sarebbe, secondo Sofri, la mutazione del diffuso “atteggiamento di laica e umile curiosità nei confronti di Internet in una rapida sopravvalutazione della propria esperienza”, e, soprattutto, una “normalizzazione” della rete. “Molte persone– scrive Sofri- che, attratte da questa semplificazione, accedono per la prima volta a Facebook sono vittime di una sbornia adolescenziale simile a quella dei “nativi” quando scoprono un nuovo straordinario e fantascientifico videogame online… Accumulano amici, reinventano le proprie relazioni e il loro tempo libero, scambiano Facebook per l’universo, e la grande rivoluzione tecnologica di questi decenni gli è improvvisamente chiara nella sua generosità: era Facebook. Questa sopravvalutazione ha un limite: impedire che questo primo e facile accesso alla rete preluda a nuove scoperte e nuove opportunità”. La conclusione di Sofri è che questa colonizzazione dei “tardivi digitali”, portando con sé tutti i difetti del “mondo di prima”, trascinerebbe indietro la rete in contenuti anacronistici e arretrati. L’unica speranza di salvezza, secondo lui, potrebbe venire dai “nativi digitali” “La rete– conclude- è l’ultimo luogo che ci rimane per tenere le redini del futuro, in un Paese così per vecchi da essere diventato un cliché.. E proprio questo potrebbe essere un’opportunità per scongiurare il melmoso destino in cui si dimena il resto del Paese. L’Italia salvata dai nativi digitali”. La tesi di Sofi non ha trovato d’accordo molti “tardivi digitali”.
Particolarmente interessante è quanto scrive Lorenza Boninu in http://contaminazioni.splinder.com/post/20591399/Io,+una+tardiva+digitale. “Cosa dovrebbero insegnarci i “nativi digitali”?– si chiede- Come si naviga in Rete, come si scarica via Torrent, come si chatta con MSN, come si copia da Wikipedia? Perché sono queste le cose che i ragazzini comunemente fanno e, francamente, non è che occorrano tutte queste capacità cognitive per pigiare un tasto e rimanere lì a vedere cosa succede. Attenzione, do una comunicazione sconvolgente, almeno per qualcuno: i “nativi digitali” sono degli straordinari “consumatori” dei materiali e degli strumenti prodotti e diffusi in Rete, ma in quanto a consapevolezza critica e capacità di discernimento lasciano parecchio a desiderare. Sapete dove stanno buona parte dei ragazzini che conosco e che frequento?
Ma tu guarda, proprio su Facebook…I nostri figli stanno proprio perdendo la battaglia per essere davvero protagonisti dell’innovazione e, con tutta probabilità, la stanno perdendo proprio per colpa nostra. Ovvero per colpa di quegli adulti che hanno identificato nella loro generazione uno straordinario target per il marketing, che hanno avuto tutto l’interesse a trasformare gli adolescenti (non solo loro, per la verità) in consumatori: consumatori passivi di mode, di simboli, di tecnologia, di atteggiamenti tanto vuoti quanto, apparentemente, irrinunciabili.” Ecco, allora, nascere, il movimento degli “eretici digitali” che fa capo ai giornalisti Massimo Russo e Vittorio Zambardino, che nel blog http://www.ereticidigitali.it enunciano il loro manifesto che è condensato dalle parole di Giorgio Agamben: “Contemporaneo è colui che tiene fisso lo sguardo sul suo tempo per percepirne non le luci, ma il buio. Contemporaneo è colui che riceve in pieno viso il fascio di tenebra che proviene dal suo tempo”. (…) “Appartiene veramente al suo tempo, è veramente contemporaneo colui che non coincide perfettamente con esso né si adegua alle sue pretese, ed è per questo inattuale. Ma proprio grazie a questo scarto e questo anacronismo è in grado più degli altri di percepire e afferrare il suo tempo”.