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DONNE Teatro

ANGELA FINOCCHIARO: l’ironia di un “simpatico errore della Natura”

Io e Angela Finocchiaro(by Angelo Munsumarra)

Per festeggiare il compleanno dell’attrice Angela Finocchiaro,  nata a Milano il 20 novembre 1955, ripropongo l’intervista che le feci nel novembre 2007 in occasione della replica aostana di “Miss Universo“.

Scriveva Voltaire:Se Dio ci ha fatti a sua immagine e somiglianza, gli abbiamo reso pan per focaccia”. Lo conferma “Miss Universo”, il monologo, interpretato da Angela Finocchiaro il 6 e  7 novembre 2007 al Teatro Giacosa nell’ambito della “Saison Culturelle”. In esso lo scrittore satirico Walter Fontana immagina che l’Universo una volta fatto abbisogni di manutenzione. E che a provvedervi sia Dio in persona. Eccolo, quindi, aggirarsi con le scarpe antinfortunistica in una ipotetica “centralina” che segnala guasti a non finire in un mondo che è stato fatto con “materiale andante” (tutto l’universo è paese). Particolarmente critica è, poi, la situazione nel settore “scimmie e derivati” che nel monologo è rappresentato da una serie di personaggi strampalati: un dermatologo imbranato, un antennista “fulminato”, una nonna bonariamente sadica. Tutti ruotanti intorno alla sala d’attesa del dermatologo e ad una donna, Laura (la Miss Universo del titolo), che è un “simpatico errore della Natura” con un’unica certezza: la nevrosi che è sempre al suo fianco. Figlia, come molti, di uno degli Dei minori che popolerebbero l’Universo (dal Dio delle “verità” al Dio dell’ “indipendenza dai pareri altrui”), attualmente più che mai impotenti ed inoperosi. «Nel mondo d’oggi se fossi il Dio del “c’è un limite a tutto” mi sparerei», ha confermato la Finocchiaro nel corso di una chiaccherata avvenuta dopo la prima recita aostana. «Fontana prova un grande disagio a vivere questi tempi, fortunatamente riesce a trasporlo in ironia. Ne viene fuori un modo bello di fare ridere che parte da radici drammatiche. Io non faccio direttamente satira, però credo molto nell’ironia come forma d’intelligenza che porti a vedere le cose sotto una diversa luce ed al ridere insieme come bel momento di comunione. Chissà che non riesca a riattaccare negli spettatori il senso critico? Anche se, quando questo nel monologo succede, provoca non pochi guai…». Il tutto è stato reso dalla camaleontica Finocchiaro con ironica leggerezza, che le ha permesso di passare da un personaggio all’altro affidandosi solo alla voce ed alla mimica. La minimale scenografia, infatti, si riduceva ad una sedia ed ad un gioco di luci. Renato Simoni diceva che “el teatro xe asion, no ciacole!”, non le sembra che con il proliferare dei monologhi teatrali si stia esagerando con le “ciacole” a scapito dell’”asion”? «Quando aumentano i monologhi vuol dire che non ci sono i soldi per mettere su produzioni con più attori. Sta a questo punto all’attore riuscire a trasformare le parole del testo in qualcosa di vivo, in una narrazione che coinvolga la gente». Per finire, come sta il Dio del Teatro? «In Italia se la passa male perché è sempre più difficile fare Teatro. Per fortuna, poi, vai in giro e ti ritrovi, come qui Aosta, i teatri pieni…».

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