Il 6 dicembre 1947 è nato, a Praga, Miroslav Ladislav Vitous, uno dei più importanti contrabbassisti della storia del jazz. L’ho conosciuto il 25 ottobre 2004 in occasione di un suo concerto ad Aosta con il cantautore Mariano Deidda. Ne ripropongo la recensione.
“Cosa sarebbe la mia vita senza di te?” si chiede il cantautore sardo Mariano Deidda nella canzone “Nel mio spazio interiore” dedicata a Fernando Pessoa. Ne ha, del resto, ben donde, perché il camaleontico scrittore portoghese ha impresso una svolta decisiva alla sua carriera: “l’orchestra misteriosa” che c’è nelle sue poesie gli ha, infatti, ispirato un tris di Cd (da “Deidda interpreta Pessoa” del 2001 a “L’incapacità di pensare” che sarà pubblicato nel 2005) popolati di canzoni nelle quali ha rivestito i sublimi versi con una musica minimale che evoca atmosfere da jazz da camera. “Le parole di Pessoa sono un monumento, per cui non le si poteva soffocare con la musica.– mi ha detto prima del concerto aostano del 25 ottobre – I virtuosi che suonano con me hanno, infatti,i momenti in cui mostrare quanto sono bravi, che, però, non devono sovrapporsi al mio recitare cantato: perché sono le parole che devono avere il posto d’onore nei miei concerti e dischi”. Nell’occasione aostana sul palco del Theatre de la Ville accanto ai fidi Nino La Piana (piano) e Danilo Pala (sassofono), c’erano, infatti, musicisti del calibro del fisarmonicista Gianni Coscia, della cantante di Capo Verde Celina Pereira e,
soprattutto, di Miroslav Vitous, il contrabbassista ceco con cui un certo Miles Davis, nella sua autobiografia, ricordava di avere passato al Village Gate di New York “una delle più belle settimane della vita”. Inevitabile la domanda: che cosa accadde? “Qualcosa di incredibile– ha risposto il gigantesco Vitous- Avevo 19 anni ed ero da poco arrivato dalla Cecoslovacchia grazie ad una borsa di studio. Mi ritrovai a suonare con gente come Herbie Hancock, Tony Williams, Wayne Shorter e, naturalmente, Miles. L’alchimia che ne scaturì fu magica”. L’esperienza gli aprì i salotti buoni del jazz mondiale. Lì incrociò nuovamente Shorter, e con lui Joe Zawinul. Fu così che nel 1971 nacquero i leggendari “Weather Report”. “Me ne andai quando il gruppo scelse di suonare in un certo modo che richiedeva un altro tipo di bassista, più elettrico (arrivò, infatti, Jaco Pastorius: n.d.r.). Io, invece, ho sempre preferito lo strumento acustico perché, grazie agli overtones, permette di connettersi alle forze dell’Universo. Io sono un semplice strumento: è l’Universo che, attraverso il contrabbasso, suona me”. Che ne pensi della collaborazione con Deidda? ”Mi interessa tutta la buona musica: dalla classica ai Beatles. Con Mariano sono solo un ospite. E’ stata, comunque, un’esperienza interessante perché mi ha fatto scoprire la commistione tra musica e poesia con la quale ho poca familiarità”. In questo campo Deidda è stato, invece, un precursore. “Il primo Cd su Pessoa– ha ricordato il cantautore- sono dovuto andare a pubblicarlo in Portogallo perché in Italia nessuno ci credeva. Adesso, invece, non c’è cantautore o musicista che non canti i versi di qualche poeta, e questo mio secondo Cd dedicato a Pessoa, “Nel mio spazio interiore”, ha già venduto diecimila copie”.