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Jazz

Le affinità elettive del sassofonista LARRY SCHNEIDER

Stessa data: domenica 24 gennaio 2010. Stesso cognome: Schneider. Stesso rendimento: altissimo. Con in più la particolarità che mentre uno, Wesley, calciatore olandese dell’Inter, usciva, espulso, dal campo di San Siro nel corso dell’acceso derby col Milan, l’altro Larry, sassofonista americano saliva sul palco dell’Espace Populaire di Aosta per un concerto che si è rivelato altrettanto intenso e vincente. Nei rispettivi campi, tra l’altro, i due rivestono lo stesso ruolo: il centrocampista. Anche Larry Schneider si è, infatti, sempre mosso a metà tra tradizione ed avanguardia, in “una vita da mediano”, indispensabile per gli equilibri delle formazioni in cui ha militato, nella quale non sono mancati gli acuti da (e con) fuoriclasse. Come quella volta, sul finire degli anni Settanta, che il pianista Bill Evans, dopo avere ascoltato in un festival jazz il suono corposo e pieno d’anima del suo sax , lo volle con sé in dischi come “We will meet again” e “Affinity”. Ma sono da ricordare anche gli anni in cui ha militato nella Thad Jones and Mel Lewis Orchestra e con Horace Silver. «E’ nelle big band che impari il mestiere e la tradizione dalla vecchia generazione di musicisti», ha spiegato all’Espace, dove ha iniziato il concerto con “Gods of Yorouba” un brano dello storico album Blue Note “Silver’n percussion” del 1977 che, oltre che con il pianista Horace Silver, lo vide suonare con gente come Tom Harrell, Ron Carter e Al Foster. Con Schneider, ad Aosta, c’erano il contrabbassista Alessandro Maiorino, il pianista aostano Beppe Barbera e un partner ormai abituale come il batterista Ferdinando Faraò. «Larry è uno dei musicisti contemporanei più straordinari che ci siano in circolazione– ha commentato Faraò-  È molto versatile, perché può suonare sia in un piccolo gruppo che in una big band, ed ha una grande capacità di stabilire un interplay e comunicare energia. In questo tour ho avuto modo di conoscerlo meglio ed apprezzarlo anche come compositore. Tra l’altro la sua predilezione per tempi dispari ed insoliti come il 9/8, 5/4 e 7/4 è una goduria per noi batteristi.» E’ finita con un dopoconcerto informale nel corso del quale Schneider ha continuato a “respirare” musica, confermando, tra l’altro, le affinità elettive con il grande Bill Evans di cui ha accennato, al piano, il celeberrimo “Waltz for Debby”.

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