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Musiche del mondo

IL CORO ALEKSANDROV DELL’ARMATA ROSSA: la colonna sonora della Storia

 

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Il 22 maggio 2010 il “Complesso Accademico di canto e di danza dell’Esercito Russo A. V. Aleksandrov” ha  inaugurato, al Teatro Romano di Aosta, la “60ème Assemblée Régionale de Chant Choral”.

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E’,  in realtà, riduttivo parlare di coro per il leggendario “Coro dell’Armata Rossa”, com’è più noto, perchè negli ottantadue anni della sua storia è stato la colonna sonora dei momenti salienti della storia dell’Unione Sovietica, e, quindi, del mondo, riuscendo a imprimervi il marchio dell’emozione. Come nel febbraio 1945, quando cantò per Roosvelt, Stalin e Churchill riunitisi a Yalta, in Crimea, per decidere i destini del mondo dopo la Seconda Guerra Mondiale. Neanche un politico consumato come il premier inglese, ascoltandolo, riuscì a nascondere l’emozione. «Questa è un’arma segreta– disse Churchill- della potenza pari al secondo fronte che ci farà vincere la guerra.» Una guerra che il coro combattè cantando in oltre 1.500 spettacoli per tirare su il morale dei soldati che dovevano andare in battaglia o erano ricoverati negli ospedali.

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A dirigerlo fin dalla prima esibizione, avvenuta il 12 ottobre 1928, era Aleksander Vasilyevič Aleksandrov, l’autore di “Gimn Sovetskogo Sojuza”, inno nazionale sovietico nonché attuale inno nazionale russo. Con lui il coro raggiunse le 300 unità ed la notorietà varcò i confini russi grazie ad un suggestivo repertorio in cui abbondavano i canti propagandistici sovietici. Alla sua morte, nel 1946, ne assunse la direzione il figlio Boris. Con lui il coro fu protagonista nel 1948 di un grande concerto per la pace in una Berlino ancora occupata dagli alleati, davanti a 30.000 persone che scoppiarono in lacrime quando il coro intonò alcune canzoni popolari tedesche. Ironia della storia, nel 1991 il Coro dell’Armata Rossa partecipò anche al concerto “The Wall” di Roger Waters che celebrò la caduta del muro di Berlino, eseguendo una canzone contro la guerra: Bring the boys back home (Riporta i ragazzi a casa).

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Le innumerevoli tournèe in tutto il mondo del coro si svolgono preferibilmente tra giugno e ottobre per la necessità di esibirsi in ampi spazi aperti che ospitino grandi folle. Ad attirarle è una straordinaria maestria e potenza vocale che coniuga l’armonia e la pulizia del suono con l’emozione interpretativa. A rendere ancor più spettacolari i concerti contribuisce un’orchestra in cui agli strumenti a fiato si affiancano strumenti popolari russi come domre e balalajke ed un balletto che, con il passare dgli anni ha sempre più annacquato l’impatto emotivo dei canti con un folklore patinato.

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E’ stato cosi’ anche ad Aosta dove l’ammirazione è prevalsa  sull’emozione, affiorata in rari momenti come nella marcia “V Put'(In viaggio)”  indissolubilmente legata alle celebrazione russe del 9 maggio per il “Victory Day”(“Abbiamo un lungo cammino da fare. Sorridete soldati! La bandiera del reggimento sventola. I Comandanti sono avanti“). Niente, invece,  “Internazionale” (e si può capire) , niente “Inno Sovietico” (e si capisce meno), nè, naturalmente, la gran parte dell’enorme repertorio, più di duemila brani che il coro adatta, di volta in volta, al tipo di concerto. «Ovunque andiamo– spiega l’attuale direttore Vjačeslav Korobkocantiamo un paio di canzoni nella lingua locale. Serve ad onorare il paese ospitante e aiutare a stabilire un rapporto con la sua gente.» Un esempio furono il “Va pensiero” e la canzone in polacco che cantarono nel 2004 nel concerto romano per il compleanno di Papa Giovanni Paolo II, l’uomo che più di ogni altro aveva contribuito alla caduta dell’impero sovietico. Un regalo che per Putin fu anche una piccola rivincita. Poco prima, infatti, aveva vietato al Papa di riportare in Russia l’icona della Madonna di Kazan. Meglio che rimanesse a casa sua, in Vaticano, ad ascoltare il coro, con tutto quello che continua a rappresentare, e canti bolscevici come «La guerra sacra».

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6 commenti

  1. 100 individui non possono campare sulle spalle di milioni di persone, deve succedere qualche cosa. mi dessere pure del brigatista.

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