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Teatro

FERRUCCIO SOLERI: il mio ARLECCHINO non sopravviverebbe in questo mondo di maschere senza anima

Arlecchino è la più popolare maschera della Commedia dell’Arte italiana. Lo è diventata per il suovariopinto abito, ma anche per la simpatia che ha sempre ispirato la fantasia con cui si “arrangia” inventando imbrogli e lazzi a spese di padroni avidi e taccagni. La sua tipologia, profondamente radicata nell’animus italico, ha fatto sì che, nei secoli, alcuni interpreti si siano trasformati in veri e propri suoi cloni. Primo fra tutti Tristano Martinelli, che, nel Cinquecento, contrasse questa specie di «febbre quartana» dal suo maestro Ludovico Zorzi.

Ai giorni nostri ne è cronicamente “affetto” Ferruccio Soleri (nato a Firenze il 6 novembre 1929) che per quasi mezzo secolo ha portato in giro nel mondo l’“Arlecchino servitore di due padroni rappresentato, con grande successo, il 27 e 28 marzo 2007 al “Giacosa” di Aosta per la “Saison Culturelle”. Tra Martinelli e Soleri c’è stato, poi, Antonio Sacco, che, nel Settecento, ebbe la ventura di incrociare sulla sua strada Carlo Goldoni, che proprio al suo Arlecchino si ispirò per scrivere la commedia. Ripresa nel 1947 da Giorgio Strehler, “Arlecchino servitore di due padroni” è diventato il più grande e longevo successo del Teatro italiano, tanto che il 14 maggio 2007 ha festeggiato, al Piccolo Teatro di Milano, i 60 anni di repliche.

In questi decenni lo spettacolo ha raggiunto e conquistato le folle di tutto il mondo: dagli Stati Uniti alla Cina, dalla Russia al Giappone. Senza alcun problema di lingua, come mi spiegò Soleri nella chiaccherata che facemmo dopo la prima rappresentazione aostana. «In tutto il mondo si sono sempre divertiti tantissimo.- disse- D’altronde la trama della commedia è molto semplice, senza tanti risvolti psicologici, per cui il pubblico una volta che se l’è letta ha solo da divertirsi. In ogni caso, da qualche anno, all’estero c’è l’abitudine di sottotitolare le commedie. E’ successo anche l’ultima volta che siamo stati in Francia». A questo successo universale ha molto contribuito la vitalità- fatta di capriole, piroette e salti- che Soleri ha continuato a conferirgli nonostante l’età non più verde (che ha fatto sì che nella seconda serata aostana sia stato sostituito Enrico Bonavera). «Tutta questione di stretching.– si schermì quella volta Soleri- D’altronde il fatto di recitare inmaschera obbliga l’attore ad usare maggiormente il corpo. “Non fai ridere, non esprimi niente”, mi diceva i primi tempi Strehler, che era molto esigente. E questo mi gettava nel panico. Poi ho cominciato a studiare la maschera, evidenziandone soprattutto l’aspetto felino, e a giocare sull’elemento acrobatico, molto presente negli Arlecchino del Seicento che erano anche giocolieri di strada. Ho, poi, messo a punto la voce, visto che io, che sono nato a Firenze, dovevo impersonare un bergamasco che aveva imparato a parlare veneziano».

Importantissima, infine, è la perfetta macchina scenica che ha sempre girato intorno a Soleri. Ideata da Strehler ed animata da una schiera di bravi attori della scuola del “Piccolo” di Milano. «Lo spettacolo è un gioco del teatro sul teatro.– spiegò l’attore- Sulla pedalina viene rappresentata integralmente la commedia di Goldoni, i commenti fuori scena sono, invece, nati con Strehler, anche se recuperano anch’essi la tradizione, perché spesso Arlecchino usciva di scena e dialogava col pubblico. La capacità di rinnovarsi dello spettacolo sta, proprio, in questa interazione con la platea. L’improvvisazione che, per esempio, faccio con la mosca dipende dalle reazioni del pubblico. E’ successo, infatti, che in una piazza il pubblico sia rimasto in rispettoso silenzio, ed io, allora, la mosca l’abbia dovuto acchiappare e mangiare subito, senza tante smorfie nè lazzi». Potrebbe mai vivere Arlecchino in questi anni in cui, dalle scene teatrali, le maschere sono passate al mondo dei mass media? «No, lui no. Gli altri sì: dal vecchio avaro Pantalone a quel falso intellettuale del dottor Lombardi. O, ancora, l’intrigante Brighella. Ma Arlecchino no. Come potrebbe, lui che si affida solo alle sue forze, riuscire a sopravvivere in questo mondo di maschere senza anima senza raccomandazioni o spintarelle?»                                                                                                            

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