«Uno stupido pezzettino, forse il più brutto di tutta la commedia musicale.» Una stroncatura feroce che sembrerebbe non ammettere repliche, se non fosse per due piccoli particolari. Primo: il “pezzettino” in questione, tratto dalla commedia musicale “Rugantino”, non è altri che “Roma nun fà la stupida stasera”, una delle canzoni italiane più celebri (e belle) di tutti i tempi. Secondo: lo spietato critico che il 25 ottobre 1997 mi tranciò questo giudizio non era altri che Armando Trovajoli, che del “pezzettino” di cui sopra è il fortunato autore (in diritti di autore gli ha reso qualche milione di euro). L’occasione della chiacchierata con Trovajoli (Roma il 2 settembre 1917- 2 marzo 2013), uno dei più grandi musicisti di questo secolo, fu la consegna a Saint-Vincent della “Grolla d’oro” per la sua lunga e gloriosa carriera di compositore di colonne sonore.
«Cominciai nel 1951.- raccontò- Mi chiamò Alberto Lattuada e mi chiese di scrivere la musica per la scena di un suo film in cui Silvana Mangano cantava e ballava. Guarda però, mi disse, che mi serve per domani perchè il produttore Dino De Laurentis per mancanza di soldi vuole che si finisca. Durante la notte scrissi il pezzo e l’indomani mattina l’ho feci incidere a Flo Sandon’s. A mezzogiorno il nastro era pronto.» Il film era “Anna” ed il pezzo “El Negro Zumbon” che divenne un grandissimo successo internazionale. «All’improvviso mi ritrovai ad essere una specie di profeta del campo delle colonne sonore.- continuò- Ho avuto la fortuna di vivere in un’epoca in cui si faceva del cinema cinema. C’era molta serie B, ma poi improvvisamente spuntava un De Sica, un Risi, uno Scola. Le mie colonne sonore preferite sono quelle scritte per De Sica e, soprattutto, per Scola di cui ho musicato tutti i films: da “C’eravamo tanto amati” a “Una giornata particolare”».
Impossibile non accennare, poi, alle sue musiche per commedie musicali: da “Aggiungi un posto a tavola” a “Rugantino”. «Per quest’ultimo dovetti inventarmi una musicalità romanesca che non esisteva. Per cultura Roma non può cantare, perché il papato è stato la castrazione di quello che può essere
estrinsecazione di sentimenti. Napoli, invece, sì che sprigiona canto. Mi ricordo quando nel 1956 scrissi “Che m’è ‘mparato a ffà” per Sofia Loren. La composi in pochi minuti ed in sala d’incisione fu buona la prima, perché, grazie alla sua natura profondamente partenopea, Sofia la cantò in una maniera divina.»
I grandi amori di Trovajoli, valente pianista, rimangono comunque il jazz e la musica classica. Nel 1949 fu, per esempio, scelto per rappresentare l’Italia al Festival del Jazz di Parigi dove suonò in trio con Gorni Kramer al contrabbasso e Gil Cuppini alla batteria: «Fu un’esperienza determinante per noi italiani.- ricordò- Dopo tanti anni di jazz per pochi adepti, è stato scioccante il ritrovarsi a Parigi con tutta quella gente. C’erano proprio tutti: Max Roach, Miles Davis, Charlie Parker. Di Parker ricordo solo che beveva tanto cognac, ma era unico: era “The Bird”. La cultura jazzistica mi è servita, è un’atout in più per fare qualsiasi tipo di musica». Per gli ottant’anni la moglie gli aveva appena regalato uno Steinway 3/4 di coda sul quale si era rimesso a studiare “Il clavicembalo ben temperato” del suo idolo Bach. «Dietro la musica con la M maiuscola, jazz compreso, c’è sempre lui: Johann Sebastian Bach. Io non ho bisogno di altra ispirazione».