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Jazz

Quella volta che il barone TOOTS THIELEMANS suonò ad Aosta

toots thielemans%20021 Toots 2001 ok IMG_5899Lo incontrai il 31 ottobre 2001, prima del suo concerto al Teatro Giacosa di Aosta. E, a vederlo scalciare felice appollaiato su uno di quei trespoli da bar alti alti dell’Hotel Europe, mi venne alla mente una frase di Stanislaw Lec: “i poeti sono come i bambini, quando siedono ad una scrivania non toccano terra coi piedi”.

Perché, del resto, non avrebbe dovuto farlo Jean-Baptiste “Toots” Thielemans (Bruxelles 29 aprile 1922)? Stava così bene sulla sua nuvoletta sonora, con in mano quel giocattolo, l’armonica a bocca, che in sessant’anni d’attività aveva liberato dalla routine del folk e blues per farlo volare nei cieli del jazz. «E’ stato Larry Adler a farmi innamorare dell’armonica.- mi raccontò- La prima la comprai nel 1939, era diatonica, ma ben presto passai alla cromatica. Il colpo di fulmine col jazz, invece, scoppiò grazie ad un disco di Louis Armstrong, che ancora adesso considero il mio guru jazzistico.»

toots_thielemans_1_stdNon era stato facile convincere gli amici che con il suo “giocattolo” si poteva suonare jazz, per cui Toots si era riciclato come chitarrista. Come tale era emigrato nel 1947 a New York, dove aveva preso a bazzicare locali come il “Three Deuces”, suonando con Lennie Tristano ed Hank Jones.

Finché nel 1949 era entrato nel sestetto di Benny Goodman, il “re dello swing”. Da quel momento non aveva avuto più problemi a trovare compagni di gioco per la sua armonica. E che compagni! Come quella volta che, nel 1952, si era ritrovato a dividere il palco dell’Earle Theatre di Philadelphia con un sassofonista che volava talmente alto e libero che lo chiamavano “Bird”. «Sì, era proprio Charlie Parker.- confermò- E con lui c’erano anche Miles Davis, Milt Jackson e Dinah Washington. Musicalmente ero un uccellino implume, per fortuna Miles mi prese in simpatia, proteggendomi sotto le sue ali.»

Toots-75-Toots-Thielemans-The-Birthday-Album-1997-FLACGiocando giocando, Toots aveva perfezionato anche la tecnica di suonare la chitarra e fischiare contemporaneamente: «M’ispirai a Slim Stewart, un contrabbassista di Goodman, che l’aveva già sperimentata con la voce. Fu usando questa tecnica che, nel 1962, composi “Bluesette”. All’epoca suonavo con Stephane Grappelli, e, mentre accordavo la chitarra in un guardaroba, venne fuori questo motivo, che ha avuto un grande successo. Mi rende talmente bene che lo considero il mio “social security number (una specie di codice fiscale:n.d.r.).»

Ma quel giorno Toots mi raccontò che, a suo modo, aveva influenzato addirittura i Beatles. «Nel 1960, durante il loro primo viaggio ad Amburgo, John Lennon mi vide suonare una Rickenbacker 325 nel quartetto di George Shearing. Sia il suono che il look lo entusiasmarono. Fu così che quella chitarra caratterizzò il suono dei Beatles fino al 1965.»

1999-07-03_Toots-Thielemans-bio-400Nel mondo di Toots, poi, le regole che governano i poveri mortali valgono fino ad un certo punto, per cui perfino l’ictus, che lo aveva colpito vent’anni prima, non sembrò avere (quasi) lasciato tracce: «E’ come se il Grande Burattinaio m’abbia detto: adesso suona più lento.- concluse- Fa meno note, ma che siano quelle giuste.»

Fu questo il barone Thielemans (era da poco stato insignito di tale titolo dal Re Alberto del Belgio per meriti musicali) che quel giorno di ottobre conquistò il pubblico del “Giacosa”, accorso numeroso anche per la fama televisiva conquistata nel 1974 duettando con Mina in “Non gioco più”. Con un bravissimo trio, Toots sciorinò un repertorio in bilico “tra un sorriso ed una lacrima”, e, alla fine, fu “hard to say goodbye” per tutti.

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