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Cantautori

Per Ron, a “Musicastelle”, l’abbraccio del pubblico dello Splendor di Aosta

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1 RON C phontoA causa delle avverse condizioni meteo, il 20 luglio il concerto del cantautore Rosalino Cellamare, in arte Ron, si è tenuto in un Teatro Splendor di Aosta stracolmo e non, come previsto, a Pian dou Coumarial di Fontainemore.

E’ venuta, così, a mancare la splendida cornice naturale che da tre anni caratterizza i concerti della rassegna “Musicastelle Outdoor”, non, però, le buone vibrazioni che da 45 anni sono associate alla voce ed alle canzoni di questo protagonista del cantautorato italiano.

Per capirne l’importanza basta, del resto, citare alcune delle canzoni snocciolate allo Splendor (da “Anima” a “Attenti al lupo”, da “Piazza Grande” a “Non abbiam bisogno di parole”)  con i bravissimi Stefano Brandoni (chitarra), Giovanna Famulari (violoncello e cori) e Carlo Gaudiello (pianoforte).

1 RON phontoStorica,in particolare, la sua collaborazione con Lucio Dalla, che si è riproposta nell’ultimo cd, “Un abbraccio unico”, con la canzone “America” in cui Ron ha musicato un testo inedito di Dalla. «Era il 1992ha ricordatoed ero sulla cresta dell’onda perché avevo appena pubblicato “Non abbiam bisogno di parole”. Nonostante l’euforia del successo, stavo male perché ero insoddisfatto, e questo faceva soffrire anche chi mi stava vicino. Compreso Lucio, che una sera mi diede questo testo in cui mi invitava a tirare fuori il bello che avevo dentro.»

Come sono nate le grandi canzoni che avete composto insieme? «Quando stava per partire il tour di “Banana Republic”, Lucio mi telefonò chiedendomi se avevo qualcosa che potessero registrare lui e De Gregori come retro di “Ma come fanno i marinai?”. Dissi di sì, e lui mi invitò ad andare a Bologna perché aveva scritto un testo. Incredibilmente questo entrò perfettamente nella musica e nacque “Cosa sarà”. Quando si è immersi in un momento magico queste cose succedono

1 RON F phontoCome mai, allora, sembra non succedano più? «Sto leggendo la biografia di Neil Young, in cui dice una cosa fantastica: la crisi non riguarda tanto le canzoni ma, piuttosto la sonorità. Col fatto che si vuole avere il massimo del suono, le canzoni suonano tutte allo stesso modo, così è difficile identificarle. Il mio penultimo cd, “Way out”, l’ho fatto a casa mia, in modo che si capisse che dentro c’era un mondo diverso

La tua carriera si può dire sia iniziata a Saint-Vincent, con il Disco per l’Estate, dove, nel 1971, presentasti “Il gigante e la bambina”, qual’è il tuo rapporto con la Valle d’Aosta? «Mi piace molto. Per me è un posto misterioso e affascinante, in cui sono stato diverse volte, e non solo per concerti. A Verrès, nella casa di una mia zia, nel 1999 ho scritto, addirittura, le canzoni del disco “Adesso”

La tua ultima esibizione, nel giugno 2011, al Teatro Romano di Aosta, scatenò la polemica con la moglie di Battisti, Grazia Letizia Veronese, perché cantasti l’inedito di BattistiIl paradiso non è qui”. «Sì, la signora chiese alla Rai di non trasmettere quello spezzone, bloccando, in pratica, la messa in onda della serata del Premio Mogol. In seguito mi chiamò ribadendo che non voleva assolutamente la cantassi né, tantomeno, registrassi. Battisti l’ho conosciuto al bar della RCA e rimasi bloccato dall’emozione come se avessi incontrato Paul McCartney. Per me era un mito perché era riuscito ad annullare la distanza tra la canzone italiana e quella in lingua inglese

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