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Cantautori Musiche del mondo

La brigantessa TERESA DE SIO si racconta al Forte di Bard

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1 De Sio bn b  phontoCon tutto il rispetto per Noa, Dulce Pontes e altre celebrate cantanti di world music, c’è in Italia una piccola grande interprete che le “vvie do munnu” le ha percorse, con bravura, ben prima di loro. Avendo, per di più, la fortuna di partire da una città, come Napoli, che le altre hanno musicalmente scoperto solo recentemente.

Trattasi della cinquantottenne cantautrice napoletana Teresa De Sio, che il 27 luglio si è raccontata al Forte di Bard in un concerto-intervista condotto da Mauro “Mao” Gurlino.

Le “vvie do munnu” l’avevano già portata in Valle nel 2006, quando, per Aosta Classica, si era esibita al Teatro Romano di Aosta. «Ricordo perfettamente quel concerto.- mi ha detto- Fu bellissimo per la partecipazione emotiva della gente e per il luogo in cui si svolse. Anche il Forte di Bard ha confermato le bellezze inenarrabili che mi avevano cantato. Viviamo in un mondo in cui ciò che è brutto è quello che più facilmente attecchisce, per cui stare in un luogo che ha una sua bellezza fisica ed emozionale inevitabilmente si riflette in chi produce ed ascolta musica.»

1 De Sio bn d phontoDi cose da raccontare la De Sio ne ha sicuramente molte, visto che alle spalle ha una carriera iniziata nel 1976 con il recupero della tradizione napoletana con i Musicanova, e che l’ha vista arrivare al successo popolare nel 1982 con l’album “Teresa De Sio” e brani come “Voglia ‘e turnà” e “Aumm aumm”.

Il suo “stato mentale spericolato” l’ha spinta, negli anni, verso una musica libera e sperimentale che ha interessato perfino Brian Eno, il mago della manipolazione sonora. «Io ero in cerca di qualcosa di rivoluzionario e Brian di esotico.-ha ricordato- Ci siamo incontrati e piaciuti. Gli ho fatto sentire un mio provino e lui mi ha detto che ci avrebbe lavorato sopra. Ne sono nati due album, su cui la mano di Brian è passata come flying producer.»

1 De Sio bn c phontoPer conservare questa libertà artistica, dal 2004 la De Sio pubblica per una propria etichetta indipendente: la C.O.R.E. «Come canto in “Basso Impero” io non faccio canzoni caricate a salve, ma “musica per esseri viventi”, e l’unico modo per riuscirci è essere indipendente, in modo da non appartenere più a quel mondo. Da quando ho creato la mia etichetta le cose sono andate molto meglio, e c’è stato un ritorno molto forte verso la musica folk, la musica dove si è sempre unici e non si scimmiotta.»

A Bard ha cantato pezzi come “Positano”,“Un samba”, Quanno turnammo a nascere” e “Tutto cambia”, accompagnandosi con la chitarra suonata con uno stile percussivo elaborato ascoltando Modugno e Matteo Salvatore, ma, anche, Michael Hedges. «Ho un repertorio sconfinato, che va dalla canzone classica napoletana alla sperimentazione con Brian Eno. Un range in cui c’è tantissima vita e musica. A Bard ho cercato di fare cose essenziali, in modo di riportare qualche mia canzone allo stato primigenio, voce e chitarra come l’ho scritta.»

1 De Sio bn a phontoA Bard non ha, invece, cantato la sua versione in napoletano di “Creuza de ma”, inserita nel suo ultimo cd “Tutto cambia”. «Ho conosciuto Fabrizio De Andrè quando gli ho chiesto di cantare con me “Un libero cercare”.– ha raccontato – In studio di registrazione eravamo entrambi emozionati, per cui nelle prime 4 ore non successe niente. Allora decisi di rimanere sola con lui per conoscerci meglio. Dopo tutto fu più facile e nacque una bella amicizia. Dori Ghezzi mi ha incoraggiata a tradurre “Creuza de ma”, ma ho esitato a lungo perché per me era un mondo misterioso, con un testo molto poco esplicito, nel quale la valenza poetica è più forte della narrazione. Farla diventare “Na Strada Miezzo ‘O Mare” è stata una delle più imprese più difficili della mia vita

Ti ritrovi nel soprannome di “brigantessa” che ti danno i tuoi fans? «La mia idea è quella di un brigantaggio intellettuale, che corrisponde alla capacità di non uniformarsi al modello unico imperante, di questo Basso Impero, creatosi con la politica italiana degli ultimi anni, in cui “te tèneno schiavo dint’’a munnezza”. Spero proprio che un sano brigantaggio intellettuale mi appartenga e sorregga sempre

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