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Arte Valle d'Aosta

I “Peccati Capitali Contemporanei” di MONICA ZAFRA

MONICA ZAFRA coi tarocchi legati alle sue opere

Si vive bene a Bucaramanga. Posta in una fertile valle attraversata dal Rio de Oro, a nord-est di Bogotà,questa città della Colombia è considerata dal Banco Mundial la più vivibile di tutta l’America Latina. Non dall’inquieta Monica Liliana Zafra Pinzon, che vi è nata nel 1966. Almeno non tanto da non spingerla, dopo aver conseguito un primo Master’s Degree of Architecture alla locale Università San Tommaso d’Aquino, ad abbandonato il Cierro del Santissimo (la gigantesca statua di Cristo Redentore che domina la città) per emigrare all’estero. Dapprima negli Stati Uniti dove ha tentato di fare la scenografa. Poi, nel 1992, in Italia, dove, al Politecnico di Torino, nel 1997 ha conseguito un secondo Master’s Degree of Architecture con una testi sulla Torre dei Balivi.

Nel 1994, sposatasi con un oculista aostano, è, infatti, venuta a vivere in Valle, dove si è affermata come interior designer, specializzandosi nella realizzazione di centri benessere. Avendo ereditato dalla numerosa famiglia una grande manualità, negli anni ha realizzato anche vari oggetti per se e per i suoi clienti. Finché lo scorso anno alcune sedie le hanno ispirato un progetto artistico.

ZAFRA- LA PAURA

<Le avevo comprate per fare qualcosa di design,– spiega- ma a un certo punto hanno iniziato a parlarmi>. Ne è nato progetto “XII all’infinito – Peccati capitali contemporanei”, una mostra “parzialmente interattiva, parzialmente contemplativa, parzialmente peccaminosa, parzialmente esotericache è stata anche parzialmente bloccata dal lockdown.

Inizialmente prevista alla smart gallery inARTendu di Via Martinet il 4 aprile, Monica ha dovuto, infatti, aspettare il 18 settembre per inaugurarla. L’esoterismo del titolo, creato giocando con le date di nascita dei figli, è solo uno dei piani di lettura delle 17 opere, frutto della sfaccettata personalità della colombiana. La pungente critica sociale che le caratterizza si nutre di simbolismi e psicologia. Le opere riflettono, infatti, gli studi che l’artista ha fatto dell’enneagramma della personalità che ci riconduce tutti a nove personalità archetipiche, ognuna delle quali si esprime con diversi sentimenti, comportamenti e, quindi, peccati. <I sentimenti legati ai peccati che abbiamo fatto o subito nella nostra vita rimangono nell’inconscio- spiega Monica- e con le emozioni che queste sedie smuovono possono venire fuori>. Visitando la mostra il visitatore potrebbe, quindi, capire qualcosa di più della propria personalità. Anche grazie ai tarocchi legati alle opere che la Zafra ha letto durante molti pomeriggi della mostra.

Non mancano, naturalmente, i classici sette peccati capitali, declinati nell’attualità. La Superbia è, per esempio, una mamma-coperta che soffoca il figlio-sedia non permettendogli di esprimersi. E la Gola una sedia lecca lecca che simboleggia il rimpizzarsi di cibo e cattive notizie diventato ormai abitudine all’ora dei pasti. Attualissimi sono, invece, nuovi peccati come l’avidità degli affidi illeciti di minori del “Bibbiano Kit”. O la sedia fetish “Alybi, Alybi, Alybi” che evoca il razzismo delle violenze carnali nei campi di concentramento libici. O, ancora, la sedia Cappuccetto Rosso che simboleggia la paura che da secoli attanaglia le donne vittime dell’uomo-Lupo perché, invece di difendersi da sole, sperano nell’arrivo di un ipotetico salvatore. La sedia più attuale è, però, quella che non c’è. Disegnata sul pavimento è l’unica sulla quale ci si può sedere per scattare un selfie, simbolo dell’immagine ipocritamente perfetta che tendiamo a condividire sui social.

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