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L’Electro-Afrique della MOMO ORKESTRA di MAURIZIO AMATO alla Saison Culturelle

MAURIZIO AMATO

In una delle foto che il suo amico Antonio Gigliotti gli ha fatto recentemente il basso che gli ricopre la faccia ed alcune parrucche trasformano Maurizio Amato in un Marabout, che è un santone con superpoteri presente in tutto il Nord Africa. Un look perfetto per il rituale animista elettrico che il 2 giugno il bassista di Chatillon ha officiato al Teatro Spendor per la Saison Culturelle.

Senza bisogno di mascheramenti, sul palco Maurizio ha sciorinato un jazz che tra le mille contaminazioni (rock, metal, funky) ha quella etnica africana legata ai due viaggi fatti in Burkina Faso. Influenza che allo Splendor è risaltata dall’affiancamento ad una batteria tradizionale, suonata dallo svizzero Léonard Juston, di una batteria etnica, sorta di Frankstein percussivo in cui il valdostano Matteo Cosentino ha assemblato doun doun e djembè.

MATTEO COSENTINO

Anche l’altro valdostano Lorenzo Guidolin ha suonato con 4 bacchette uno strumento tradizionale africano come il balafon, geneticamente modificato per farlo diventare cromatico come una marimba. E lo stesso Maurizio in un paio di pezzi ha suonato uno djeli ngoni, liuto tradizionale africano a 4 corde che ha elettrificato con un pick up in modo da usarlo con gli effetti della pedaliera del basso elettrico.

MOMO ORKESTRA

Sul palco l’organico della Momo Orkestra (Momo è il soprannome con cui Maurizio è chiamato in Svizzera) era completato da strumenti occidentali come il sax tenore suonato dallo svizzero Basile Rosselet e la chitarra elettrica del francese Matthieu Grillet. Entrambi conosciuti da Amato durante gli studi all’Haute École de Musique de Lausanne (HEMU), uno dei migliori istituti europei nella creazione di professionisti della musica, dove nel 2018 ha ottenuto il Bachelor. E’ proprio per festeggiare questa laurea breve che ha formato la Momo Orkestra con cui ha esordito in un concerto nella Concert Hall della HEMU, per, poi, esibirsi al Montreux Jazz Festival dello stesso anno. Il Master of Arts in pedagogia musicale conseguito, sempre all’HEMU, nel novembre 2020 ha, poi, consentito al valdostano di ripetere l’esperienza con la band a Losanna.

LORENZO GUIDOLIN

La presenza di musicisti di varia nazionalità ha, però, fatto sì che il progetto abbia incontrato grandi difficolta a svilupparsi a causa delle limitazioni agli spostamenti legate al Covid. Provvidenziale è stato, a questo proposito, l’inserimento nella Saison, sia per il cachet sia per il contratto di lavoro che ha permesso ai musicisti di passare le frontiere. Confini che, invece, musicalmente non esistono nella musica che si è ascoltata allo Splendor.

MAURIZIO AMATO

In scaletta c’erano gli arrangiamenti occidentalizzati di brani tradizionali burkinabè che Maurizio ha appreso da Kassoum Diarra e dalla cantante Kadì Koulibaly (“Toungan”,”Bara” e “Ballankan”) ed una sua composizione, “Moon and red sand”, nata come valzer swing e successivamente “africanizzata”. Ma c’è stato spazio per l’arrangiamento di una “Children Song” di Chick Corea ed un omaggio al bassista Jaco Pastorius (“Okonkole Y Trompa”  e “Continuum” dal suo disco d’esordio del 1976). <All’inizio Jaco non mi interessava particolarmente, poi il suono ed il suo modo di suonare mi hanno conquistato. Oltre alla tecnica allucinante, ha rivoluzionato il basso per la sua liricità al fretless ed il groove indiavolato della mano destra>.

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