Site icon Il blog di Gaetano Lo Presti

Rodčenko: con la fotografia dobbiamo rivoluzionare il nostro pensiero visivo

1 AlexanderRodchenko

In russo la radice “rod” si trova nella parole “roždenie (nascita)” e “rodit (partorire)”. Non è, quindi, un caso si trovasse nel cognome di Aleksandr Michajlovič Rodčenko, grande fotografo, oltre che pittore e grafico, russo (San Pietroburgo, 23 novembre 1891- Mosca, 3 dicembre 1956). «Papà diceva, scherzando, che con un cognome come quello doveva per forza partorire qualcosa di nuovo», ha ricordato, infatti, la figlia Varvara.

Dopo un inizio come pittore, Rodchenko si avvicinò, nel 1924, alla fotografia per realizzare immagini utili ai fotomontaggi che utilizzava per manifesti ed illustrazioni di libri. E divenne talmente parte integrante della sua vita, che, dal 1928, Rodčenko fu un tutt’uno con la sua Leica.

Al motto de “il nostro dovere è sperimentare”, cominciò fotografando oggetti quotidiani come balconi, scale, finestre e muri, dando loro una nuova interpretazione grazie a tagli obliqui e punti di vista inconsueti.

«Dobbiamo rivoluzionare il nostro pensiero visivo.– scrisse nel 1928- Se si desidera insegnare all’occhio umano a vedere in una nuova maniera è necessario mostrargli gli oggetti quotidiani e familiari da prospettive ed angolazioni totalmente inaspettate e in situazioni inaspettate.»

Sviluppò così nuove metodologie (dalla composizione diagonale allo scorcio) che gli attirarono l’ammirazione di colleghi ed allievi, ma, anche, le critiche delle autorità russe, che gli rimproveravano di dare troppa importanza all’estetica a scapito del contenuto.

«Mi piacerebbe fare fotografie incredibili che nessuno ha mai fatto prima– scrisse nel suo diario nel 1934- immagini della vita stessa, assolutamente reali, capaci di stupire e travolgere. Devo farlo a tutti i costi. Allora sì che varrà la pena di vivere e lottare in nome della fotografia come arte

Inevitabilmente, infatti, nel 1933 si scontrò con l’imposizione delle autorità di ritrarre solo eventi di stato, seguendo l’imperante “realismo socialista”. Finché, nel 1940, decise di abbandonare la fotografia per la pittura .

«L’arte è al servizio del popolo, ma il popolo è stato condotto Dio solo sa dove.- scrisse nel suo diario nel 1943- Voglio guidare il popolo all’arte, non usare l’arte per condurre il popolo chissà dove. Sono nato troppo presto o troppo tardi? L’arte deve prescindere dalla politica

Exit mobile version