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La simbolica ODESSA del “viaggiatore per caso” ENRICO MARTINET

Martinet P8100236Un romanzo che si svolge ad Odessa parte già bene perché può giovarsi dell’ambientazione in una città “segnata dalla nascita a essere importante”. Piena di ricordi (“Tutti eroici… Eccidi, deportazioni, grandi uomini e donne dalla storia infinita”) e inquietudini (perché “nata dal porto, ma mai approdata”). Se, poi, a scriverlo è uno come l’aostano Enrico Martinet , inviato de “La Stampa” e narratore dalla penna felice,  l’interesse non può che lievitare. Pubblicato da “Liaison editrice” , “Odessa” è, infatti, un romanzo intrigante. Sullo sfondo della città sul Mar Nero e del suo porto, Martinet ha intrecciato ad una storia d’amore la tragedia delle migliaia dei ragazzi di strada che sopravvivono in condizioni disumane nel suo sottosuolo. «Ad Odessa sono ottomila – ha spiegato- mentre in tutta l’Ucraina sembra siano 100.000. In gran parte sono degli orfani sociali, sfuggiti agli Internat, gli orfanotrofi e collegi di Stato, e vivono nelle fogne perché è l’unico posto caldo che li accoglie. Me li ha segnalati il fotografo Andrea Alborno, che nell’ottobre 2007 mi disse: vieni con me per raccontare una storia molto triste». Alborno ne era venuto a conoscenza perché da anni vi si recava a cercare tracce del trisnonno Antoine Cuaz, direttore di grandi alberghi, che proprio ad Odessa si era innamorato della parigina Berthe. E proprio lì nel 1899 era nato il bisnonno Henry Cuaz. C’è, naturalmente, anche questo pezzo di Valle d’Aosta in un libro scritto da “un viaggiatore per caso” come Martinet, che proprio nel caso che mischia le carte della storia rende il vero senso del viaggio. Il tutto scritto con uno stile asciutto e denso (“l’editore mi ha rimproverato che non lascio respirare il lettore”) che ha, per lunghi tratti, l’urgenza ed il ritmo di quella poesia, che, secondo Italo Calvino, è requisito indispensabile per scrivere bene in prosa.

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