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Il “lontano” (D)IVO POGORELICH

Ivo Pogorelic blog 1976-023Il 1996 segna una linea di demarcazione nella carriera del pianista serbo Ivo Pogorelich esibitosi il 29 luglio al Teatro Romano per “Aosta Classica”. Con la moglie (ed insegnante) Aliza Kezeradze quell’anno morì anche il Pogorelich genio e sregolatezza “ammalato di successo”. Via, dunque, i romantici boccoli , sacrificati per un taglio da marine, e via anche gli atteggiamenti spregiudicati e narcisisti che tanto avevano contribuito alla sua immagine divistica. Il pianoforte divenne, addirittura, fonte di ricordi dolorosi, per cui i concerti si fecero rari e per undici anni Pogorelich non registrò dischi. «Mi sono dovuto reinventare– ha confessato- Ho cambiato la tecnica ed ho voluto ritornare alle mie radici.» Radici che si chiamano anche Chopin, visto che fu proprio il Concorso “Chopin” di Varsavia del 1980 a lanciarlo alla ribalta mondiale, nonostante (o, forse, proprio per)  una contestatissima esclusione dalla finale. Tre composizioni di Chopin (il Notturno op. 55 n.2, il Notturno op. 62 n.2 e la Sonata op. 58 n.3) hanno costituito l’ossatura anche del concerto aostano (completato dal Mephisto Waltz n.1 di Liszt). Brani composti tra il 1843 ed il 1846, sul finire del rapporto con l’amata George Sand. Come mai questa scelta?, abbiamo chiesto. «Penso che Chopin fosse molto introverso in quel periodo della sua vita.- ha risposto con aria assorta prima del concerto- Era malato e sentiva che la vita volgeva alla fine per cui aveva un profondo desiderio di riflessione e di ricerca, ciò musicalmente lo portò a sperimentazioni armoniche molto interessanti e ad un suono in cui c’erano i semi dei futuri sviluppi.» E’ stato questo spirito introspettivo e meditabondo a caratterizzare tutta l’esibizione aostana che ha avuto il suo momento più alto nell’interpretazione lentissima, profonda e lontana della Sonata Op. 58. Lontano e scostante è stato anche l’atteggiamento tenuto dal pianista durante la permanenza ad Aosta, iniziata con una lunga prova pubblica in cui è sembrato perdersi nelle malie del suono del piano. Al termine del concerto, invece, neanche la risposta calorosa del pubblico lo ha convinto a concedere bis. «Dopo pochi secondi capisco che vibrazioni ci sono in una sala. – aveva spiegato- Se sento che il programma è stato abbastanza per il pubblico  non concedo bis

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