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Poesia Teatro

NANDO GAZZOLO e NERUDA: la grande poesia nasce dal profondo dell’anima, per cui, scuotendola profondamente, può cambiarla

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Il cileno Pablo Neruda (pseudonimo di Neftalì Reyes Basalto) è uno dei pochi poeti moderni la cui fama sia andata oltre l’ambito letterario, al punto da diventare protagonista di film (“Il postino”) e, addirittura, canzonette (“Lo diceva Neruda che di giorno si suda…!»).

Il perché di questa popolarità lo si capì il 1° marzo 2008 nel corso del recital “…saprai che t’amo e che non t’amo…-le più belle poesie d’amore di Pablo Neruda” tenuto al Teatro Giacosa di Aosta da Nando Gazzolo (Savona 16 ottobre 1928- Nepi 16 novembre 2015), una delle più belle voci del teatro italiano (non a caso in quattro film ha dato la voce perfino a “The Voice” Frank Sinatra).

«Non amo la letteratura latino americana perché, in generale, preferisco scrittori più asciutti.- confessò l’attore- Neruda fa, però, eccezione perché le sue poesie d’amore sono assolutamente coinvolgenti. Come quella che, parlando della morte di un amante, dice: “Ma questo amore non è finito, e così come non ebbe nascita, non ha morte, è come un lungo fiume, cambia solo di terra e labbra…”. Sono versi talmente belli che quando li recito mi commuovo. Il che per un attore è un errore, perché, se non usi la tecnica e ti lasci andare all’emozione, rischi di non comunicarla al pubblico».

Conferma, quindi, che l’attore deve “recitare con la testa non con le viscere”? «Bisogna recitare col cervello. Anche il grande Eduardo De Filippo lo aveva ribadito in un intervista. La parte istintuale della recitazione è come un cavallo che bisogna guidare con le rèdini della tecnica. Altrimenti ti disarciona, e non sei più in grado di controllare i sentimenti e, quindi, di esprimerli al meglio».

Le idee marxiste, fecero sì che, dopo il golpe di Pinochet, Neruda fosse vessato con continue perquisizioni. Durante una di queste il poeta disse ai militari: «Guardatevi in giro, c’è una sola forma di pericolo per voi qui: la poesia». « La grande poesia– confermò Gazzolo- è un pensiero che nasce dal profondo dell’animo e quindi può scuoterlo profondamente. In questo senso può essere pericolosa: perché toccando l’anima può cambiarla».

Figlio d’arte, Gazzolo ha conosciuto vasta popolarità, soprattutto per l’intensa attività televisiva negli anni ‘60 e ‘70. Difficile, per chi abbia intorno a cinquant’anni, dimenticare personaggi come il Freddi Hamson dello sceneggiato “La cittadella” o il Thomas dei “Buddenbrook” o lo Sherlock Holmes dell’omonima serie televisiva (per non parlare del “Carosello” dell’Amaretto di Saronno). Copiosissima, poi, l’attività di doppiatore: è stato, infatti, la voce italiana di attori come David Niven e Marlon Brando. Nell’immaginario collettivo è rimasta anche la voce data ad un vigile milanese che “manda a quel paese” Totò e Peppino quando in Piazza Duomo gli chiedono: Per andare dove dobbiamo andare, dove dobbiamo andare?. «Totò aveva grossi problemi di vista- ricordò- per cui quando doppiammo quella scenetta aveva vicino una persona che gli stringeva il braccio ogni volta che doveva dire le battute. Nonostante questo, l’effetto comico fu irresistibile».  

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