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FOTOGRAFIA

Il ritorno in Ucraina di Viktoria filtrato (rosso) dalla fotografa SOPHIE-ANNE HERIN

Per la vittima il racconto delle violenze può diventare una zattera cui aggrapparsi per ricostruire certezze, ristabilire legami, dare ordine al caos. E’ quanto è accaduto all’ucraina Viktoria grazie al racconto fotografico della valdostana Sophie-Anne Herin in mostra fino all’8 aprile alla galleria Inarttendu di Via Martinet, ad Aosta.

Tutto ruota intorno a Mukačevo, città sballottata tra Cecoslovacchia e Ungheria, diventata Ucraina solo dopo la Seconda Guerra Mondiale. Lì fino a vent’anni ha vissuto Viktoria. Poi la perdita del marito, l’ha portata a Napoli con due connazionali. Ed in Italia è iniziato il suo calvario. «I due l’hanno sfruttata.-racconta la fotografa- Finchè lei è riuscita a fuggire a Modena, dove ha incontrato un marocchino con cui si è sposata ed ha avuto la seconda figlia. Ma lui l’ha massacrata di botte, per cui, coi figli, si è rifugiata alla Casa delle donne di Modena. Lì abbiamo fatto amicizia. Al punto che mi ha chiesto se volevo andare con lei in Ucraina, dove ogni estate portava i figli perché conoscessero le proprie radici. Così nel 2014 siamo partite».

La figlia di Viktoria

15 delle foto scattate in quel viaggio sono esposte ad Aosta. In formato 10×15, costituiscono una specie di album di famiglia: con il ritratto del padre, la figlia che fissa il fuoco, la stessa Viktoria che si trucca. «Ho evitato l’iconografia classica della donna vittima di violenza, puntando, piuttosto, su come si muoveva all’interno degli spazi familiari con il filtro di ciò che aveva vissuto. Filtro che in questo caso è cromatico, in quanto, in postproduzione, le ho virate sul rosso. Ero rimasta colpita dal film “Sussurri e grida” di Bergman in cui colori decisi rispecchiano lo stato emotivo dei personaggi».

Tra le tante simbologie del rosso ci sono la morte e il dolore, ma, anche, la vita, che ricresce nella voglia di Viktoria di tornare a truccarsi e nei bagliori del fuoco che illumina il viso della figlia. Da Inarttendu uno spazio a parte occupa la foto più grande della casa familiare di Mukačevo.

«E’ un po’il simbolo dell’Ucraina, dove in questo momento purtroppo molti non hanno casa, ma simboleggia anche l’ambito familiare dove spesso avvengono le violenze. Un macro ed un micro mondo uniti dal comun denominatore del dolore».

La casa di Mukačevo

Già proposta nel 2018 in una collettiva al PHOS Centro Fotografia Torino, la mostra acquista ancor più interesse alla luce della guerra che sta insanguinando l’Ucraina. Attualmente Viktoria sta ospitando a Modena parenti scappati dal paese, mentre il padre e la madre hanno deciso di rimanerci. Significativa, il giorno dell’inaugurazione, la visita alla mostra di alcuni profughi ucraini appena arrivati in Valle.

Sophie-Anne HERIN

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