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Giornalismo Montagna

A Courmayeur “EPOCA” ricorda WALTER BONATTI, uno che ha fatto “EPOCA”

«Bonatti si scrive con due T o una T sola?» La fine di Walter Bonatti, il più celebre alpinista di tutti i tempi è stata caratterizzata da questa beffarda incertezza del medico di una clinica romana che 13 settembre 2011 ne stilava il certificato di morte. La domanda era rivolta a Rossana Podestà, la compagna di un trentennio, che l’ha raccontato a Courmayeur  il 10 dicembre, nel corso della presentazione del numero di «Epoca» dedicato a Bonatti, condotta da Emanuele Farneti, suo attuale direttore, in uno chalet del Jardin de l’Ange strapieno.

Nell’occasione l’attrice ha rivelato altri particolari degli ultimi mesi di vita dell’alpinista «Sei mesi prima che morisse – ha raccontato – abbiamo fatto 3.800 chilometri nel deserto del Gilf Kebir, tra Libia ed Egitto. Walter si lamentava di essere stanco, cosa molto strana per lui. Tre mesi dopo ha iniziato ad avere forti dolori e allora l’ho portato all’ospedale “Gemelli” di Roma. Lì mi hanno detto che aveva un tumore al pancreas che non gli lasciava più di due o tre mesi di vita. A quel punto ho deciso di non dirgli niente, perché , secondo me, non serve sapere del male se non puoi combatterlo. Così sono uscita dallo studio del medico ridendo e scherzando. E lui, che credeva in me, è caduto nella trappola. Per mesi, con storie e progetti, l’ho immerso ogni giorno nel futuro

Il racconto della Podestà si è fatto, a questo punto, accorato e con aspetti inquietanti quando ha affrontato la fase terminale della malattia. «Il “Gemelli” non aveva stanze, per cui volevano metterlo in corsia. Così è iniziato un pellegrinaggio alla ricerca di un ospedale, con lui molto paziente anche se era attaccato alla bombola d’ossigeno. Anche perché non pensava di morire, non aveva dubbi che anche questa volta ce l’avrebbe fatta. Appena arrivato in questa clinica romana ha avuto un collasso, per cui l’hanno portato in rianimazione, separandomi da lui. Quando l’ho potuto vedere, brevemente, dopo un paio di ore, mi ha guardata con gli occhi sbarrati chiedendo disperatamente ossigeno. A questo punto mi sono lamentata che la clinica non era attrezzata per la rianimazione, e, per tutta risposta, un medico mi ha zittita dicendomi: cosa parla lei che non è neanche sua moglie? E mi ha nuovamente spedita fuori. Sono rientrata dopo molte ore, e, in una luce molto fioca, ho visto Walter morto, con un medico che cercava di pompargli ossigeno con un palloncino rosa. Guardi che è morto, ho detto. E il medico mi ha risposto: Oh, non me n’ero accorto. Allucinante. Ho fatto tutto bene, ho sbagliato solo alla fine

Una fine surreale per un uomo che aveva passato la vita a sfidare il destino nelle sue mille avventure in giro per il mondo. A cominciare da quelle alpinistiche, ricordate nell’occasione da Arnaud Clavel, guida alpina di Courmayeur che Bonatti considerava il suo erede per aver replicato molte sue imprese. «Walter proiettava in Arnaud la sua vita– ha confermato la Podestà- ed era sicuro che fosse in buone mani.» Ne è stata una prova l’invernale della Nord del Cervino, che l’alpinista valdostano aveva ripetuto nell’aprile scorso a 46 anni dall’impresa che aveva concluso la carriera alpinistica di Bonatti. 

Dopo il 1965, infatti, Bonatti si era dato alle grandi esplorazioni, documentandole con memorabili reportages sul settimanale “Epoca”. «Ripeteva sempre che il periodo di “Epoca” è stato il più felice,- ha continuato l’attrice- perchè si sentiva libero, e la libertà è stata sempre l’aria che respirava. Gli lasciavano carta bianca, e, ogni volta che tornava, Arnoldo Mondadori e i dirigenti scendevano dai piani alti per vedere per primi le foto dei viaggi. Sono stati 15 anni magici, un giocattolo che gli è stato tolto in malo modo da una direttrice che nel 1978 lo umiliò

Al Jardin de l’Ange erano presenti anche il sindaco di Courmayeur, Fabrizia Derriard, e quello di Chamonix, Eric Fournier, che nel luglio 2010 avevano conferito a Bonatti la cittadinanza onoraria del Monte Bianco. «E’ stato il primo e resterà l’unico cittadino del Monte Bianco.- ha detto la Derriard- Mi ricordo la sua emozione quel giorno a Punta Hellbroner, dove mi disse che non saliva da 35 anni. Ha unito per la prima volta i nostri due paesi, contribuendo ad inaugurare una politica di condivisione della montagna.»


7 commenti

  1. Grazie dal più profondo del cuore Gaetano Lo Presti per avermi fatto conoscere la conclusione di una vita fantastica e di un amore che, invece, non finirà mai. Mi dolgo infinitamente che, per la stupidità umana che non conosce limiti, Walter abbia lasciato questo mondo che ha tanto amato senza guardare gli occhi della sua amata Rossana.
    Rossana cara ora il tuo Walter potrebbe essere o un atomo di fotone o una nota musicale luminosa come ha scritto Vito Mancuso in un suo meraviglioso libro e seguita ad amarti perchè lì non c’è ne spazio nè tempo.
    Aver condiviso tanti anni di vita con un uomo come Walter non sarà stato facile ma senz’altro eccitante e stupendo.
    Un abbraccio affettuoso.

  2. Quando ho conosciuto Walter avevo 10 anni e per il mio papà ero “schizzo” lui mi chiamava “piccola”. A 18 anni (1,71) ero ancora la “piccola”. Adoravo starlo ad ascoltare, bevevo l’entusiasmo la passione del suo raccontare, la luce del suo sguardo. E’ stato il “mio grande amore”, l’eroe il mito il sogno. Sulle montagne con le strida degli uccelli, il suono del vento e dei passi ho sempre sentito il suo respiro perchè le montagne sono Walter e Walter è le montagne. A volte tormentato e tormentoso con lui la vita deve essere stata in apnea, ma viva sorprendente e anche serena. Lo credevo eterno, invece se ne è andato. Un grande dolore. Ma so che dietro ogni pietra, piccolo fiore, crinale troverò i suoi occhi sempre chiari e così sarà per sempre. Ciao Rossana. Liliana.

  3. Walter ha veramente vissuto e l’Italia ipocrita e bacchettona baciapile di allora lo ha umiliato. Esseri spregevoli
    Viva bonatti

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