Per anni Simone Momo Riva è stato all’ombra di Naif Hérin. Con lei, nel 2002, ha messo su il TdE Studio di Vignil di Quart, che, da laboratorio dove nasceva la musica della cantautrice, tre anni fa si è aperto ad altri artisti .
Da allora è dietro le produzioni dell’etichetta TdEproductionZ, di cui è il direttore artistico.
Un corposo assaggio del buon lavoro che sta facendo si è avuto il 21 gennaio nel corso dell’evento “TdE for 5” svoltosi al Birrificio B63 di Aosta. Durante i due set, pomeridiano e serale, in cui sono sfilati cinque gruppi (Autoscatto, Il Tusco, Mercanti di note, Macho Camacho e Philippe Milleret con la Folk’n’roll band) Momo è rimasto, come sua abitudine, confuso tra il pubblico.
E lì sarebbe rimasto se Milleret non l’avesse chiamato sul palco per sostituire, in una versione funky di “L’Armando”, la batterista Elena Frezet. E’ allora che è venuto fuori il musicista che c’è in lui: uno che sa il fatto suo, ma preferisce metterlo al servizio dei compagni d’avventura. Sul palco come in studio, dove sa regolare, filtrare ed equilibrare le intenzioni dei musicisti,. Un po’ quello che fa, nell’orecchio, la Tromba di Eustachio, da cui, non a caso, lo studio (che attualmente si trova a Saint-Christophe) ha preso il nome.
E’ Momo ad aver dato nuovo smalto ai Macho Camacho rimasterizzando loro materiale degli anni Ottanta nel cd “Adelante Muchacho! The Demo Tapes”. Ed è sempre lui ad aver aiutato gli Autoscatto di Alberto Neri a trovare il suono personale di “Via del Paradiso Grande”. Per non parlare dell’eclettismo che gli ha permesso di passare dalle atmosfere patoisant del cd “Dzenta Vallaye” di Philippe Milleret al rock mediterraneo di “Burattino” dei Mercanti di Note. Per il disco solista di Diego Tuscano, in arte Il Tusco, s’è, invece, limitato al mastering ed alla produzione de brano “Le Parole”. Un bel ventaglio di proposte che alla prova del live hanno confermato quanto di buono si era ascoltato nei cd (anche grazie al buon lavoro del fonico Andrea Frassy). E, nonostante un accenno di nevicata, è stato folto (e “stupendo”, come l’ha definito Alberto Neri) il pubblico accorso.