E’ finita alla vigilia del Natale 2015 la storia della tratta ferroviaria Aosta-Prè Saint Didier.
Alle 21.10 di una fredda notte di luna piena un locomotore ALn 663 è partito per l’ultima volta alla volta di Aosta con un solo passeggero a bordo (il giornalista de “La Stampa” Enrico Martinet).
Proprio la scarsa utenza, al di fuori del periodo scolastico, è stata ufficialmente la causa della chiusura. Anche perché la Rfi (Rete Ferroviaria Italiana) aveva comunicato che la manutenzione annuale della linea sarebbe costata 500 mila euro, e ci sarebbero voluti 15 milioni di euro per la sua messa in sicurezza.
«Con un’utenza media 350 persone al giorno– ha ironizzato l’assessore regionale ai Trasporti Aurelio Marguerettaz– vorrebbe dire che ogni passeggero ci costerebbe 10mila euro, a questo punto potremmo regalare una Panda a ciascun utente.»
L‘arrendevolezza dei responsabili politici si è, così, sommata alla strategia dell’eliminazione dei rami “secchi” che la Rfi sta attuando in tutta Italia, e alla rassegnazione passiva della popolazione. “Tutti fanno un gran baccano. Tutti, tranne i diretti interessati.- hanno stigmatizzato in una nota i Meetup valdostani del M5S– Da pendolari e studenti che utilizzano la tratta, sindaci e amministratori di ogni parte e cittadini dei comuni interessati giunge solo un rassegnato silenzio“.
Anche sul “gran baccano” si potrebbe, poi, discutere, visto che le proteste sono state soprattutto virtuali (sui social e con una petizione web) e l’unica manifestazione (a cui hanno partecipato 250 persone) si è svolta solo sabato 19 dicembre, ad appena 5 giorni dalla chiusura. Anzi, come è stato bizantinamente precisato dai responsabili, della sospensione della tratta.
Per non parlare di quelli che hanno addirittura visto nella chiusura lati positivi: per il fatto che il treno non sarebbe più passato dietro la loro casa o per una sua ipotizzata sostituzione con una pista ciclabile (senza riflettere sui ben 9 chilometri in galleria non illuminata).
I valdostani sembrano,quindi, aver perso il “carattere volitivo e tenace” che aveva caratterizzato i loro antenati una novantina di anni prima, quando i 31,326 chilometri di strada ferrata, dotata di trazione elettrica che sfruttava le risorse idroelettriche dell’alta Valle e ben 22 gallerie, erano stati realizzati in appena 22 mesi. “Fate presto, e bene!”, aveva intimato Benito Mussolini quando, nel 1927 l’ingegner Alfredo Manara aveva presentato il progetto del nuovo tronco. Al che il senatore Bezzi, amministratore delegato della Società Nazionale “Cogne” che l’opera avrebbe finanziato con 8 milioni di lire (30 li mise il Governo), aveva ribattuto: “Per voi Duce, e per l’Italia, ogni vostra parola è un comandamento”.
Era stato di parola, perché alle 13 del 28 ottobre 1929, nel settimo anniversario della Marcia su Roma, il primo treno era partito dalla stazione di Aosta alla volta di Pré-St-Didier. Oltre a 120 invitati, per il viaggio inaugurale a bordo c’erano il vescovo di Aosta, monsignor Calabrese, il Prefetto Salvetti ed il Commissario Federale Guido Parenti. Ad ognuna delle dieci fermate attendevano folle festanti che intonavano “Giovinezza” ed altri inni della Patria. A quella di Villanova Baltea, poi, il podestà Ottoz fece trovare una corona di fiori per i cinque operai morti nella frana di La Salle (in totale i morti durante i lavori furono nove).
In poco più di un’ora il treno era giunto a Prè-St-Didier, dove il conte Salvadori, presidente della Cogne, aveva reso omaggio “agli uomini, umili e cospicui, che di quest’opera sono stati animatori ed esecutori” e all’ingegner Alfredo Manara, l’artefice principale di “un’opera meravigliosa, espressione del carattere volitivo e tenace di questa vallata”.
Sua Eminenza Filippo Pennavaria, Sottosegretario alle Comunicazioni, aveva, infine, sottolineato che oltre ai “bisogni nascenti dei nuovi grandiosi e moderni impianti elettrosiderurgici di Cogne”, la ferrovia adempiva ad “una funzione turistica di primissimo ordine. Chi conosce, difatti, le bellezze incomparabili di questa Valle, dei suoi castelli, delle sue vette maestose, dei ghiacciai, può facilmente comprendere l’alta importanza di questa strada ferrata…”
87 anni dopo per altri governanti tale iimportanza è, invece, scemata a favore del trasporto su gomma con autobus. Una volta tanto attenti all’economia e sordi, invece, alla Storia, all’ecologia e alle iniziative in senso contrario che si stanno moltiplicando nell’arco alpino, dove, come ha scritto l’antropologo Annibale Salsa, “è tutto un susseguirsi di iniziative e progetti per dare un futuro diverso al traffico locale delle valli, liberandole dalle soggezioni derivanti da strade intasate, insicure, inquinanti.”
Gaetano, ottimo report davvero. Eche bella., sebbene triste., la testimonianza sull’ Ultimo treno partito da Pre st.. Una vera vergogna la chiusura di questa linea! !!!! Mi chiedo se fosse arrivata fino a Courmayeur, se avrebbe fatto la stessa fine. Non voglio credere che non ci sia possibilità. Di riaprirla.. ..! W le ferrovie!