9 novembre 1989: il Muro di Berlino è stato da poco abbattuto, quando al checkpoint Charlie di Berlino Est, dove erano avvenuti alcuni dei più tragici tentativi di fuga dalla DDR, arriva MSTISLAV ROSTROPOVICH, il più grande violoncellista dei nostri tempi.
Si siede, e davanti alle macerie improvvisa un concerto con alcune suite di Bach. Tutte in tonalità maggiore, perché, dopo 28 anni di vita in tonalità minore, per i berlinesi è giunto il momento della gioia. E, poi, è musica di Bach: assoluta, che unisce i popoli e abbatte le barriere.
«Quando sono andato al Muro di Berlino non è stato un atto politico, ma personale. -spiegò Rostropovich- Ero a Parigi, la sera ho telefonato a un amico che mi ha detto di accendere immediatamente il televisore, era di sera. All’inizio non capivo, guardavo quelle immagini e non capivo. Quando ho capito le lacrime hanno iniziato a scendere. Il Muro di Berlino nella mia vita ha avuto il ruolo di una cicatrice sul cuore.
Avevo 47 anni quando mi hanno cacciato dall’Unione Sovietica, dopo i 47 anni è iniziata un’altra vita. E queste due vite non si sono mai riunite.
Quando ho visto che buttavano giù il Muro di Berlino ho pensato che finalmente avrei potuto avere la speranza che queste due parti della mia vita potessero ricongiungersi.
E come un pazzo la mattina successiva ho preso il violoncello, sono salito su un aereo. Non sono andato a Berlino a suonare per la gente, sono andato lì a suonare affinché Dio mi ascoltasse, direttamente dal Muro di Berlino. Una specie di preghiera di ringraziamento a Dio. E davvero, dopo quel giorno, le mie due vite si sono riunite».