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Arte

Il CARAVAGGIO di Vittorio Sgarbi al Teatro Romano di Aosta

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Era «d’ingegno torbido, e contentioso», Michelangelo Merisi, universalmente noto come il Caravaggio. Un pò come Vittorio Sgarbi, il critico d’arte che, dallo scorso anno, parla del celebre pittore lombardo nella dimensione teatrale dello spettacolo “Caravaggio”, che la sera del 1° agosto è approdato al Teatro Romano di Aosta nell’ambito di Aosta Classica. Le musiche composte ed eseguite da Valentino Corvino e le immagini (di quadri del Caravaggio ma, anche, di altri artisti e varie foto) curate dal visual artist Tommaso Arosio hanno, infatti, fatto da cornice alla nota abilità divulgativa del sessantaquattrenne critico ferrarese.

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«Gli artisti appartengono al tempo che li capisce, che li interpreta, che li sente contemporanei.– ha spiegato Sgarbi– Ed è la sensibilità del nostro tempo che ha restituito a Caravaggio tutti i significati e l’importanza della sua opera. Nessuno è più vicino a noi, alle nostre paure, ai nostri stupori, alle nostre emozioni, di quanto non sia lui.» Ci volle, infatti, l’intuizione del critico Roberto Longhi e la grande mostra “Caravaggio e i caravaggeschi”, da lui curata a Milano nel 1951, perché il dimenticato Caravaggio fosse rivalutato come «il primo pittore dell’epoca modernaFu, poi, seguendo le lezioni di storia dell’arte di Longhi all’Università di Bologna che Pier Paolo Pasolini ebbe, nel 1938-39, la sua «rivelazione» pittorica.

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Non a caso nel suo spettacolo Sgarbi si serve del poeta friulano per raccontare Caravaggio. Entrambi “diversi ma simili”, con un universo creativo, popolato di ragazzi di vita, femminielli e puttane, in cui la forza della vita prevaleva sull’immaginazione. Similitudini che hanno portato il critico ferrarese a ritrovare in vari quadri di Caravaggio personaggi con le fattezze dei pasoliniani Ninetto Davoli, Sergio Citti e Pino Pelosi (il suo assassino). Senza ombra di dubbio in entrambi i casi si trattò di intellettuali eretici, razza in via d’estinzione di cui Sgarbi è da decenni un autorevole esponente, convinto che ” per essere, il pensiero dev’essere eretico; così come l’unico modo per dire è trasgredire“.

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«L’immediatezza della comunicazione che un tempo avevo sui giornali e poi in televisione, ha trovato adesso un terzo spazio d’espansione nei social network.– ha confessato- Ho, da poco, capito che Facebook è come un canale televisivo di mia proprietà, che mi consente di avere un’assoluta autonomia di comunicazione. Mi avvantaggio della forza del mezzo pur mantenendone una certa distanza, perché non ho mai aperto Facebook. Ci sono, però, due persone che ci vivono per me diffondendo i messaggi che detto loro

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Da anni lei gira l’Italia in cerca del “bosone di Sgarbi”, come l’ha definito in un altro spettacolo, le tracce, cioè, della bellezza nell’Arte. Lo ha trovato anche in Valle d’Aosta? «Oltre alle montagne, in Valle d’Aosta avete castelli e monumenti. La notorietà dei vostri artisti rimane, invece, ristretta all’ambito regionale, dove hanno un loro senso e spirito che non riesce, però, a trasmigrare altrove. Com’è stato il caso di Nex, la cui interessante vocazione narrativa si è limitata all’ambito del racconto e della favola locale. Tra gli ultimi che ho cercato di valorizzare c’è Marco Jaccond di cui ho recentemente esposto un’opera nella mostra “Oltre il limite” a Castellabate

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