Se il tempo, come ripeteva Sant’Agostino, è solo una dimensione dell’anima, la musica può, sicuramente, dargli tridimensionalità. E’ quanto è successo il 30 luglio, nell’Area Megalitica di Saint-Martin de Corleans, ad Aosta, uno dei più interessanti siti archeologici in Europa, che custodisce le testimonianze di quasi cinque millenni di storia, dai momenti finali del Neolitico ai giorni nostri.
Inaugurata il 24 giugno, l’Area ha, infatti, ospitato per la prima volta un concerto organizzato nell’ambito della rassegna Aosta Classica che da qualche anno inserisce i suoi concerti nella cornice di quanto di meglio il patrimonio storico e archeologico aostano offra. Protagonista il duo formato dal violista Maurizio Redegoso Kharitian e dal violoncellista Ferdinando Vietti che hanno proposto un repertorio che comprendeva Bach (trascrizioni per viola e violoncello dalle 15 Invenzioni a due voci), Beethoven (Primo movimento dal duo “con due paia di occhiali obbligati”) e Bartok (23 duetti per viola e violoncello su temi popolari dell’est europeo).
Inevitabile, ascoltando la musica tra steli antropomorfe e dolmen la cui illuminazione mutava gradatamente in relazione alle diverse ore del giorno, pensare al monolito nero che in “2001: Odissea nello spazio” di Stanley Kubrick era accompagnato dal “Lux Aeterna” di György Ligeti. Un monolite che rappresentava la presenza di Dio (e, inizialmente, l’area era un santuario all’aperto destinato al culto dei viventi), ma, anche, l’oscurità della non conoscenza con le sue domande sulla vita e sulla morte (nel III millennio a.C. Saint- Martin divenne una necropoli con tombe monumentali di varia tipologia megalitica).
«E’ stato fantastico inaugurare questo suggestivo spazio», ha commentato Maurizio Redegoso Kharitian. Alle esperienze insolite il violista è, del resto, abituato. La riscoperta delle sue origini armene (per via materna) lo ha portato, per esempio, a formare un duo con un suonatore di duduk ed il Quartetto Nor Arax che fa musica armena. Lo conferma l’atipico duo con Vietti (viola-violoncellista) che ha debuttato proprio nell’occasione. «I timbri dei due strumenti si fondono molto bene, c’è una suggestione particolare. D’altra parte non c’è molto repertorio originale per questa formazione, per cui ci si diverte con le trascrizioni.» Com’è l’acustica dell’Area? «Molto buona. E’ stato facile suonare li, e, a quanto mi hanno detto alcuni spettatori, il suono “viagga” in ogni parte del luogo. Penso che un sottofondo mirato durante le visite sarebbe molto suggestivo. Qualche brano di Jean Michel Jarre o Vangelis per esempio. Oppure musica corale un pò misticheggiante come il gregoriano fino a Monteverdi. O, ancora, un compositore armeno poco conosciuto come Alan Hovhannes. E poi certamente si può pensare ad altra musica dal vivo. Bach è perfetto, ma si può ragionare su altro. Si deve fare qualche esperimento per capire meglio.»