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Appunti di viaggio Sicilia

APPUNTI DI VIAGGIO (18) – La mia PALERMO (parte 1^)

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“Occorre sempre seminare dietro un pretesto per tornare, quando si parte.” (Alessandro BARICCO)

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1) LA CATTEDRALE- Dedicata alla Santa Vergine Maria Assunta in Cielo, è stata consacrata nel 1185.  E’ il risultato del sovrapporsi di molteplici stili: dal romanico al normanno, dal barocco al neoclassico. Con le Cattedrali di Cefalù e Monreale, dal 2015 fa parte del Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco nell’ambito del sito seriale Palermo arabo-normanna.

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2) TOMBA DI FEDERICO II, Imperatore del Sacro Romano Impero– Nella Cattedrale è tumulata la salma di quello che fu soprannominato “stupor mundi”. Accanto al suo sepolcro di porfido rosso antico sorretto da quattro leoni, riposano la madre Costanza d’Altavilla, il padre Enrico VI ed il nonno Ruggero.

3) LA VARA DI SANTA ROSALIA- Dalla Cattedrale, dove sono custodite le reliquie, ogni anno parte la processione che è il clou del Festino in onore di Santa Rosalia che si svolge il 14 e 15 luglio. La salma della patrona di Palermo, morta il 4 di settembre del 1170, fu ritrovata il 15 luglio 1624 in coincidenza con l’affievolimento dell’epidemia di peste che aveva colpito la città. Così dal 15 luglio 1625 Santa Rosalia viene annualmente celebrata con una processione lungo l’antico asse viario del Cassaro (l’attuale Corso Vittorio Emanuele), che dalla Cattedrale arriva fino al mare. La sua statua viene trasportata su una sfarzosa “Vara” trascinata dai buoi che ha la forma di un vascello, con a poppa una struttura architettonica alla cui sommità è issata una statua della Santa. Quella della foto è stata realizzata nel 2012, ispirandosi al barocco e all’iconografia del Seicento, con la prevalenza dei colori rosso e oro.

Progettato da Filippo Sapienza e Fabrizio Lupo, il carro del 399° Festino del 2023 presenta, invece, una grande luna di 12 metri sulla quale, in basso, è posta la statua della Santa, realizzata da Franco Reina per il Festino 2017. In basso, vicino alla gente, simboleggiando l’unione tra cielo e terra e rispettando il pensiero del defunto Fratel Biagio Conte, devotissimo alla Santa che aveva detto:« Rosalia non è mai stata lontana, è sempre stata vicina a Palermo e ai palermitani».  La scelta della notte, con tanto di luna e stelle, rispetta invece il tema dell’edizione 2023 del Festino: il Sogno.

4) SANTUARIO DI SANTA ROSALIAIl 4 settembre di ogni anno c’è la tradizionale acchianata (‘salita’ in lingua siciliana) al Santuario sul Monte Pellegrino. Nel luglio 2023 ho fatto anch’io l’acchianata a piedi ai 429 metri di altezza del Santuario di Santa Rosalia (non è molto, ma con 42 gradi alle 8.30 lo diventava). Il santuario si trova all’interno di un anfratto di roccia, quasi in cima al monte Pellegrino, dove leggenda vuole sia vissuta da eremita Rosalia, una donna di origine nobile che in questa grotta morì nel 1166, a poco più di 30 anni. Il più famoso dei suoi tanti miracoli fu, il 9 giugno 1625, la fine della peste dopo la processione in città delle reliquie della Santuzza Patrona di Palermo, al canto del Te Deum Laudamus.

5) LA CHIESA DEL SANTISSIMO SALVATORE-  Affacciata sulla strada del Cassaro (odierno Corso Vittorio Emanuele) , ha una caratteristica pianta ellittica che l’architetto Paolo Amato,  influenzato da Borromini e Bernini, arricchì con fastose decorazioni di marmi policromi, stucchi ed affreschi. E’ attualmente adibita ad auditorium

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.6) LA FONTANA DELLA VERGOGNA- Così viene chiamata la celebre fontana di Piazza Pretoria antistante il Palazzo dell’amministrazione comunale palermitana. Per via delle nudità delle statue, ma, anche, in quanto ritenuta dai palermitani specchio della corrotta municipalità cittadina. Realizzata nel 1554  da Francesco Camiliani per il giardino fiorentino di don Luigi Alvarez de Toledo y Osorio, nel 1574 fu trasportata a Palermo smontata in 644 pezzi, per essere ricomposta dal figlio dell’autore, Camillo Camilliani. In questa mia foto è in un’insolita visione dall’alto della Chiesa di Santa Caterina d’Alessandria.

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7) CONVENTO DI SANTA CATERINA DI ALESSANDRIA-Dal 1311 al 2014 ha accolto suore di clausura dell’ordine domenicano. Ospitando ricche rampolli di famiglie nobiliari, è stato a lungo il convento più ricco (e più dissoluto) di Palermo. Gli appartamentini delle suore si affacciavano sull’elegante chiostro dominato da una fontana realizzata da Ignazio Marabitti. Attraverso “gelosie” in ferro poste sull’attico le monache si affacciavano, senza essere viste, su una bellissima chiesa dominata dall’altare maggiore, composto di marmi pregiati con tabernacolo d’ametista, con ai lati due grandi angeli lignei settecenteschi con vesti in lamina d’argento. Nel 2014 la chiesa ed il monastero hanno chiuso i battenti. Le ultime anziane suore di clausura, celebri per gli squisiti dolci di mandorla che vendevano attraverso una ruota girevole, si trasferirono. Dal 2017 è stato aperto al pubblico ed oggi è visitabile in qualità di museo d’arte sacra.

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8) EROS E FEDE -Eros e Fede si intrecciavano nei dolci preparati dalle suore domenicane del convento di Santa Caterina. In questa foto si vedono il trionfo di gola, i sospiri di monaca e le minne (i seni) di monaca. Ma c’erano anche le fedde (le natiche) del cancelliere e, naturalmente, i celebri cannoli.  Dal settembre 2017, nei week end, è possibile acquistarli nel parlatorio del monastero di Santa Caterina, ingresso da piazza Pretoria 4

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9) FRUTTA DI MARTORANA –  La ricetta sarebbe nata nel convento di monache benedettine fondato dalla nobildonna Eloisa Martorana (da cui il nome) nell’attuale Piazza Bellini e nel vicino convento di Santa Caterina. E’ realizzata con pasta reale (da non confondere con il marzapane) realizzata con farina di mandorle e zucchero, che, lavorata a mano, viene, poi, messa in appositi stampini e colorata.

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10) IL CANNOLO Sembra, invece, che il cannolo sia stato inventato dalle donne dell’Harem del Castello del signore dell’allora Qalc’at al-Nissa (Caltanissetta) sul modello di un dolce romano di cui parlava Cicerone: “Tubus farinarius dulcissimo edulio ex lacte fartus”. E’ il dolce siciliano più conosciuto nel mondo, inserito nella lista dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali italiani (P.A.T.) del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali.

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11) LA CHIESA MARTORANA e SAN CATALDO- Dalle terrazze del convento di Santa Caterina si domina Piazza Bellini con la chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio, sede della parrocchia di San Nicolò “dei Greci”, meglio nota come Martorana perché si trovava nei pressi del monastero benedettino fondato nel 1194 dalla nobildonna Eloisa Martorana. Adiacente è la Chiesa cattolica di San Cataldo dalle caratteristiche tre cupole rosse, attualmente affidata all’Ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme.

Oratorio Santa Cita
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12) IL BAROCCO DI GIACOMO SERPOTTA – A Palermo si celebrò il trionfo del Barocco grazie ad artisti come il palermitano Giacomo Serpotta, considerato il più grande stuccatore del Settecento. Per rendersene conto basta visitare il bellissimo Oratorio di Santa Cita. Tra le altre figure che vi modellò c’é questa suonatrice di liuto. Non a caso, perché per ispirarsi mentre lavorava chiedeva sempre la presenza di un suonatore di liuto e di un fiasco di vino.

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13) CHIESA DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE AL CAPO – Altro capolavoro del Barocco palermitano è la Chiesa dell’Immacolata Concezione al Capo, che contrasta la severità austera della facciata con la ricchissima decorazione marmorea policroma degli interni. Edificata nell’ambito dell’omonimo monastero benedettino, richiese più di un secolo di lavori (dal 1604 al 1740).

Capo Mercato
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14) IL CAPO – Il Capo è un antico quartiere del centro storico di Palermo che ha come ingresso principale Porta Carini (vedi foto).Viene identificato col suo animatissimo e folkloristico mercato, che, insieme a Ballarò, è il più importante punto di smercio agroalimentare al dettaglio.

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15) I BEATI PAOLI-  Pur non essendoci prove della loro esistenza, a Palermo è  diffuso il culto (soprattutto a fini turistici) di questa setta segreta nata intorno al XII secolo, con il nome di “vendicosi”, come reazione allo strapotere e ai soprusi dei nobili. La credenza popolare fu strutturata da Luigi Natoli, che, con lo psudonimo di William Galt, scrisse nel 1909 il fortunato romanzo d’appendice “I Beati Paoli” in cui descriveva una Palermo sotterranea, sotto il rione del Capo, nella quale avrebbero agito. Al presunto tribunale dei Beati Paoli si accederebbe attraverso una cripta della chiesa di Santa Maria di Gesù al Capo (o Santa Maruzza ri Canceddi) che si affaccia sulla piazza Beati Paoli.

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16) I PUPI SICILIANI – Alla Kalsa c’è il Museo internazionale delle marionette Antonio Pasqualino dedicato allo studioso che raccolse il primo nucleo della collezione di burattini e marionette di tutto il mondo e, soprattutto, di Pupi siciliani. Gli spettacoli di questi ultimi nell’Ottocento sono stati un fenomeno di massa. Tra loro bisogna distinguere quelli appartenenti alla Scuola catanese (più alti e con le ginocchia più rigide) da quelli palermitani (con le teste tonde in legno e gli occhi mobili). La sua tradizione è stata portata avanti soprattutto dalla famiglia Cuticchio. Mimmo, in particolare, nel 1973 ha aperto il Teatro dei Pupi Santa Rosalia in Via Bara all’Olivella e nel 1977 l’associazione Figli d’Arte Cuticchio, che si prefigge di salvaguardare l’arte dell’Opera dei Pupi.

17) PUPI DI ZUCCHERO-  Il 2 novembre, giorno tradizionalmente consacrato alla celebrazione dei defunti, in Sicilia vigeva l’uso di fare dei regali ai bambini che, si diceva, fossero stati portati dai morti. I dolci simbolo erano i Pupi di zuccaru, detti anche  pupi di cena o più semplicemente  pupaccena. Statuette cave di zucchero indurito e dipinto, che rievocavano figure tradizionali del teatro dei pupi siciliani.

Carretto

18) ‘U CARRETTU SICILIANO – Dal XIX secolo alla seconda metà del XX secolo il carrettu trainato da un equino è stato il mezzo di trasporto merci più diffuso in Sicilia. Reso obsoleto dalla motorizzazione, è rimasto, abbellito da intagli e sgargianti decorazioni pittoriche, come uno dei simboli dell’iconografia folcloristica siciliana ad uso e consumo dei turisti. Questo è un suo adattamento moderno davanti al Teatro Massimo.

19) COCCHIERI E  CARROZZE- Oggi a Palermo sopravvivono poche decine di cocchieri, o “gnuri”, come vengono chiamati in dialetto. Un’inezia rispetto ai 667 in servizio nel 1964. Rappresentano uno degli storici volti di una Palermo che sta sparendo e che permette ai turisti di assaporare gli odori, i sapori e, soprattutto, i ritmi, nel tempo che fu.

20) METROPOLITANA DI PALERMO Il problema di Palermo è il trafffico”, ripeteva un personaggio del film “Johnny Stecchino” di Roberto Benigni. Una soluzione potrebbe venire dalla Metropolitana, gestita da Trenialia, che utilizza le infrastrutture ferroviarie RFI. Attivata il 26 maggio 1990 in occasione dei Mondiali di calcio, si articola nell’anello ferroviario Palermo Notarbartolo-Giachery e nell’utilissimo passante Palermo Centrale-Areoporto Punta Raisi, definitivamente attivato nell’ottobre 2018.

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21) LE CERAMICHE DELLE STANZE AL GENIO – In Via Garibaldi, vicino alla Stazione Centrale, c’è la bellissima collezione di 4964 ceramiche siciliane e napoletane, tra il Quattrocento e l’Ottocento, visitabile nelle 8 stanze del museo gestito dall’Associazione Stanze al Genio.

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22) LA MAGIONE – La basilica della Santissima Trinità del Cancelliere, più conosciuta come La Magione, in quanto nel Medioevo Enrico VI di Svevia ne fece  la “Casa dei Cavalieri Teutonici”. L’interno si presenta come un particolare esempio di arte arabo – normanna, con le finestre ogivali incassate e il motivo delle arcate intrecciate riprodotto nell’abside tipico del periodo.

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23) LA ZISA Concepito come dimora estiva dei re, il Palazzo della Zisa (dall’arabo al-ʿAzīza, ovvero “la splendida”)  rappresenta uno dei migliori esempi del connubio di arte e architettura normanna (con ambienti tipici della casa normanna, compresa la doppia torre cuspidata) e decorazioni e ingegnerie arabe per il ricambio d’aria negli ambienti. Completato nel 1175, è stato restituito agli antichi splendori nel 1991 grazie al restauro filologico affidato al Professor Giuseppe Caronia.  Dal 3 luglio 2015  fa parte del Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco nell’ambito dell'”Itinerario Arabo-Normanno di Palermo, Cefalù e Monreale”.

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24) I DIAVOLI DELLA ZISA- Su una volta dell’arco d’ingresso alla Sala della Fontana sono raffigurate delle creature mitologiche che, secondo una tradizione palermitana, più che divinità olimpiche sono diavoli che custodiscono delle monete d’oro nascoste all’interno del Palazzo della Zisa. Il tesoro sarebbe stato lasciato da Azel Comel e El-Aziz, fuggiti a Palermo per vivere un amore contrastato dal padre di lei. Sarebbero stati loro a costruire il Castello della Zisa, ma, dopo aver appreso che la loro fuga era stata causa del suicidio della madre di El-Aziz, sarebbero morti a breve distanza l’uno dall’altro. Non prima, però, di aver affidato ai diavoli la protezione del loro tesoro tramite un incantesimo. Il mito narra che chiunque cerchi di contare l’esatto numero dei diavoli non ci riesca per via del loro continuo mescolamento.

Lapide sepolcrale.jpg23) LA LAPIDE IN QUATTRO LINGUE- Nel Museo della Zisa è custodita una lapide sepolcrale del XII secolo di Anna, madre del Prete Grisanto morta nel 1148, redatta in quattro lingue: ebraico, latino, arabo e greco-bizantino. Testimonianza della molteplicità di culture della Palermo normanna, la lapide è assurta a simbolo di convivenza e tolleranza tra i popoli, anche per la formula finale di invocazione di misericordia per coloro che leggono

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24) LE CATACOMBE DEI CAPPUCCINI – Nel quartiere Cuba si trovano le celebri Catacombe dei Cappuccini, in cui, tra il 1599 e la metà dell’Ottocento (quando le disposizioni sanitarie vietarono le sepolture nelle chiese e nei sotterranei), furono raccolte circa 8.000 salme imbalsamate. In piedi o coricate, vestite di tutto punto e divise per sesso e categoria sociale, sono spunto di riflessione sulla caducità della vita e l’inutilità dell’attaccamento alle vanità terrene.

26) IL MALOCCHIO A SELINUNTE- Tra i tanti tesori custoditi nel Museo Archeologico Regionale “Salinas” di Via Bara c’è una collezione di DEFIXIONES (dal latino defigere, “conficcare, inchiodare”), documenti privati incisi su piombo (dal colore che evoca l’idea di morte) al fine di maledire o recare danno ai rivali in amore o in contese giudiziarie o agonistiche. La pratica fu molto diffusa nel mondo greco in ogni epoca, ma il gruppo di maledizioni più numerose ed antiche proviene dalla Sicilia, e da Selinunte in particolare.

27) MUSEO ARCHEOLOGICO REGIONALE “SALINAS”- Ospitato nella Casa dei Padri della Congregazione di San Filippo Neri, possiede una delle più ricche collezioni archeologiche italiane, a testimonianza della storia siciliana dalla preistoria al medioevo. Con reperti e manufatti fenici, punici, greci, romani e bizantini, ma, anche Egizi ed Etruschi. Ne è un mirabile esempio questa Metope con rilievi mitologici proveniente dal Tempio C di Selinunte.

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