«Quello che accomuna l’acrobatica aerea alla creatività è l’idea di elevarsi sopra di tutto con leggerezza.»
A dirlo è Arcangela Redoglia che, con la sua associazione AcroDrama, da qualche anno ha fatto esplodere in Valle d’Aosta la febbre per questa disciplina in cui si volteggia in aria aggrappati a cerchi, trapezi e tessuti.
Lo ha confermato il secondo saggio della scuola che Arcangela dirige alla Cittadella di Aosta, che la sera dell’11 giugno ha attirato nel Salone della struttura una folla strabocchevole (molti non sono riusciti ad entrare).
“Dopo un anno di salite verticali e tenute orizzontali”, una trentina di allievi di Arcangela hanno condiviso i traguardi conseguiti sotto la sua guida, animando uno spettacolo di classe impreziosito dalle luci di Rocco Andreacchio e la musica di alcuni giovani valdostani.
Un’ulteriore prova di come l’acrobatica aerea, nata come disciplina circense, abbia subito un’evoluzione artistica che fa sì che venga sempre più spesso chiamata “danza aerea” e si associ a mostre, installazioni, concerti.
«Si chiama anche disciplina aerea, perché esige sangue, sudore e fatica.– precisa Arcangela- Ci vuole tanta forza ma, soprattutto, concentrazione: ci devi essere con tutto il corpo e la testa. Anche perché il margine d’errore è nullo, e agli allievi, che salgono fino a 7 metri di altezza, non puoi mettere le longe, il meccanismo di protezione individuale che salva se si cade.»
I tuoi corsi sono seguiti quasi totalmente da donne, perché scelgono questa disciplina? «Le motivazioni sono tante: c’è chi lo fa per divertirsi, chi per fare qualcosa di diverso, chi per mettersi alla prova e vincere paure. E’ come una terapia, perché, mettendosi in gioco, si sbloccano e ciò si riflette sulla loro vita. Dopo un po’ non ne possono fare a meno, al punto che, quando manco, alcune allieve mi telefonano per dirmi: quando torni Arci, che mi sto arrampicando sulle tende?»