Mix di testi e disegni , il fumetto si può considerare il più antico mezzo di comunicazione multimediale dell’umanità. La sua genesi si fa, addirittura, risalire ai graffiti incisi nelle pareti delle caverne con cui gli uomini dell’età della pietra raccontavano episodi di vita quotidiana. Il fumetto moderno è, invece, nato dall’intuizione narrativa dell’autore ginevrino Rodolphe Töpffer che, invogliato nientepopodimenoche da Johann Wolfgang von Goethe, pubblicò tra il 1833 e il 1845 i primi esempi di “art séquentiel” dell’epoca moderna. Nel 1867 l’inglese Charles Henry Ross creò Ally Sloper, protagonista, nel 1873, del primo volume a fumetti del mondo. Il personaggio che, però, ha dato il via all’industria del fumetto come fenomeno di massa è stato Yellow Kid, il bimbo calvo e sdentato vestito di giallo nato dalla fantasia di Richard Felton Outcault che lo ideò nel 1894 per gli adulti (“poiché sono gli adulti a comprare i giornali”). Fu sempre un personaggio di Outcault, Buster Brown (italianizzato in Mimmo), a trovarsi, il 27 dicembre 1908, nella copertina del primo numero del “Corriere dei Piccoli”, il settimanale per ragazzi nato dal “Corriere della Sera” che per primo ha importato in modo massiccio e costante in Italia i fumetti.
Quello storico numero della rivista è stato esposto alla mostra “La Valle dei fumetti – Autori italiani del fumetto per ragazzi” che si è svolta al Castello di Ussel di Chatillon dal 9 maggio al 4 ottobre 2009. L’esposizione era incentrata sulla stagione d’oro del fumetto italiano, dagli anni Cinquanta in avanti, e, in particolare, su alcuni tra i migliori autori- Pierluigi Sangalli, Tiberio Colantuoni, Sandro Dossi, Alberico Motta e Nicola Del Principe– che, lavorando per l’editore Bianconi, hanno divertito almeno due generazioni di bambini con personaggi come Soldino, Trottolino, Volpetto, Tom & Jerry, Felix (il gatto più nero del mondo) e Geppo. Per non parlare del celebre Braccio di Ferro, ideato dall’americano Elzie Segar, che dal 1963 fu realizzato su concessione e licenza, e sempre per Bianconi, da autori italiani. Ma nel percorso espositivo, articolato in varie sezioni, è ricordato anche BilBolBul, un negretto politically non correct comparso nel primo numero del “Corriere dei Piccoli” a firma di Attilio Mussino (che, non a caso, era stato anche il più popolare illustratore di Pinocchio, da molti considerato il padre nobile dello spaghetti-cartoon). Non potevano mancare, infine, altri personaggi entrati nell’immaginario collettivo dei ragazzi italiani come il Signor Bonaventura di Sergio Tofano, Sor Pampurio di Carlo Bisi, e, per venire ad anni più recenti Cocco Bill (creato da Benito Jacovitti nel 1957), le Sturmtruppen (create nel 1968 da Franco Bonvicini in arte Bonvi) e Lupo Alberto (creato nel 1973 da Guido Silvestri in arte Silver).
Per chi si fosse persa la mostra è, a questo punto, impedibile il bel catalogo edito da “Il Pennino” di Torino, in cui la ricchissima iconografia è completata da saggi molto interessanti. Tra questi un appassionato elogio dell’utilità pedagogica del fumetto di Ferruccio Alessandri. “Leggere una storia a fumetti richiede un’elasticità mentale notevole(…)– scrive Alessandri- Ci sono adulti nei quali la genialità infantile si è spenta che non riescono a leggere i fumetti. O leggono soltanto i testi o seguono la sequenzialità delle figure: a farlo contemporaneamente non ci riescono. Quelli intelligenti se ne rendono conto (…), ma la maggior parte se la cava snobbando i fumetti come “roba da bambini”. E sono la maggioranza. Forse è questa la spiegazione del perché nel mondo le cose vanno così: perché la maggioranza degli adulti è un poco stupida. Un poco tanto. Non è colpa loro. Non hanno imparato a leggere i fumetti.”