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PACO DE LUCIA:sono sempre stato timido e felice di nascondermi dietro la mia chitarra

1 Paco (by Gaetano Lo Presti) IMG_4579

1 Paco (by gaetano lo presti) IMG_4580Uno dei temi preferiti dei canti dei Gitani è il viaggio, specchio di un’inquietudine esistenziale che li ha potati dalla lontana India in Spagna, permettendo alla musica che hanno espresso, il flamenco, di superare una distanza ancora più grande:“de querer a no querer” (“dall’amare al non amare”).

Uno spirito che ha trovato la sua massima espressione musicale nel chitarrista Francisco Sánchez Gómez, in arte Paco de Lucía, che sabato 20 marzo 2010 si esibì al Palais Saint-Vincent per la “Saison Culturelle”. In costante evoluzione è, infatti, anche la sua musica, che, partita dal flamenco suonato nelle cuevas di Algeciras (il paese andaluso dove è nato), ha via via incontrato ritmi brasiliani, il jazz e la musica classica, finendo per rivoluzionarlo.

«Avendo avuto fin da giovane la possibilità di suonare fuori della Spagna– spiego Paco prima del concerto- ho scoperto presto che la musica era espressione di culture diverse e che se non si rompeva la rigidità del flamenco tradizionale questa musica sarebbe finita in un museo. Ho così iniziato a utilizzare altri strumenti e ad incontrare molti musicisti che mi hanno aperto la mente. La scoperta più importante è stata, comunque, l’improvvisazione, una libertà senza la quale non c’è musica. Più che inventare cose nuove ho cercato di portare la tradizione del flamenco nel mondo moderno, ma sono e sarò per il resto della mia vita un chitarrista di flamenco

La sua rivoluzione è iniziata proprio nel fatidico 1968, quando Paco cominciò a collaborare col leggendario cantante Camaròn de la Isla, uno che sulla mano sinistra aveva tatuata una luna crescente in ricordo delle radici arabe del flamenco. «Con lui ho passato gli anni migliori della mia vita.- ammise il chitarrista- Ho imparato molto dal cercare di seguire la sua voce, per, poi, continuare a renderne appieno il pathos quando mi trovavo a suonare da solo. Sono maturato molto in quegli anni, come musicista e come persona

paco_de_lucia_by_fran2010-d5jh7kyLei, che non sa leggere la musica, sente l’importanza di quella che Garcia Lorca definiva “grande cultura nel sangue”? «Beh non la butterei proprio sul sangue– scherzò- perché se poi la circolazione non è ok sono guai. Credo che le orecchie e la memoria siano più importanti, ma mi è capitato, suonando con jazzisti colti come Chick Corea, di avere la sensazione che stessero facendo cose troppo complicate, per cui preferisco suonare quello che esce dal mio cuore piuttosto che quello che potrei leggere sugli spartiti

A Saint-Vincent De Lucia fu accompagnato da Nino Josele (chitarra), Piranha (percussioni), Alain Perez (basso), Antonio Serrano (tastiere e armonica) , Farru (ballo) e dai cantanti David de Jacoba e Duquende. «Mi piace molto il canto e in un Cd del 1998 ho cantato anch’io. – concluse-Sul palco, però, è diverso. Mi piacerebbe avere i “cojones” per cantare, ma sono sempre stato timido e felice di nascondermi dietro la mia chitarra


2 commenti

  1. Insomma le critiche vengono censurate! Hmmm…non siamo mica ad Anno zero !Mi piacerebbe avere una risposta -commento alla domanda perchè non si può avere la scaletta da uno che sul posto, fa la recensione di un concerto. Grazie tante,

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