E’ curioso come uno dei cd italiani più politicamente impegnati degli ultimi anni sia quello di un gruppo, senza cantante, che fa pezzi strumentali. Un paradosso che si chiarisce all’ascolto di “Morire per la Patria“, il terzo cd, pubblicato a dicembre, della Fuzz Orchestra, la band lombarda che si è esibita il 18 gennaio all’Espace Populaire di Aosta per la rassegna Espace Indie Friday.
Su un violento tappeto di matrice heavy rock prodotto, con ampie libertà, da Paolo Mongardi (batteria) e Luca Ciffo (chitarra), si innestano, infatti, i suoni e le parole del “noisepiano” di Fabio “Fiè” Ferrario, un «agglomerato di mixer, campionatore, radio, giradischi e ammennicoli vari» che gli permette di assemblare creativamente flussi noise ed audio samples tratti da film, documentari e vecchi vinili.
Il risultato sono pezzi in cui la radicalità sonora e l’immaginario evocato anche dai titoli degli album e delle canzoni (“Il Terrorista”, “Sangue”, “Svegliati e uccidi”) riflettono, con rabbia, la deriva di un’Italia ormai ridotta ad un cumulo di macerie materiali, morali e spirituali. «Originale è il modo, molto organico alla musica, in cui usiamo questi materiali– ha spiegato Ciffo- che diventano, così, qualcosa di quasi cantato. E’ una scelta che ci è venuta spontanea visto che ci sono tante situazioni in cui si può andare a pescare messaggi che parlano del nostro quotidiano molto meglio di quanto potremmo fare noi con un cantante.»
Molto del materiale gestito da Ferrario è tratto dai film italiani socialmente impegnati degli anni Sessanta e Settanta di Rosi, Petri e Pasolini, ma, di tanto in tanto, affiorano anche musiche di quegli stessi anni, a cui il gruppo è legato anche musicalmente. In particolare per la passione per i Black Sabbath che accomuna Ferrario e Ciffo. «Indubbiamente ascoltiamo anche altre cose– ha raccontato quest’ultimo- ma l’approccio di quel gruppo ci ha molto segnato, per quel suono aspro, diretto, pesante, ma in qualche modo anche melodico, che si riflette nei nostri riff che sono orecchiali per una componente melodica molto accentuata. Per il resto il nostro suono è abrasivo e dirompente come l’effetto distorsivo “fuzz” da cui prendiamo il nome, e, per certi versi, fastidioso per i messaggi che veicoliamo.»