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Jazz

C’ERA UNA VOLTA (62): Un secolo fa nasceva DICK MAZZANTI

A Chatillon non si è più visto un funerale come quello che, il 4 febbraio 1995, salutò Riccardo “Dick” Mazzanti. In una chiesa parrocchiale stracolma, il clarinettista Paolo Dutto guidò il suo gruppo storico, i Blues Messengers, in quella che fu una vera e propria messa jazz, con, tra il pubblico, suoi partners musicali come Gianni Coscia e Renato Germonio. Non avrebbe potuto essere diversamente visto che Dick, nato il 27 dicembre 1923, era stato uno dei pionieri del jazz torinese, che, a sua volta, aveva fatto da battistrada a quello italiano.

Lo si capisce meglio leggendo il libro “Dick Mazzanti, una vita a ritmo di swing” scritto dal figlio Roberto e pubblicato dalla Wall Records edizioni. Con meticolosa cura Roberto vi ha raccontato la vicenda umana del padre con, sullo sfondo, un excursus sulla nascita del jazz a Torino che si intreccia con quello di oltre un secolo di storia della città.

In Dick la passione per il jazz era nata ascoltando i dischi jazz che col contagocce giungevano dall’America, e frequentando la storica Taverna Sobrero. Tra i suoi modelli ci furono Meade Lux Lewis coi suoi boogie woogie (di cui divenne uno specialista), le big band e, soprattutto, Louis Armstrong, che nel 1935, quando lui aveva appena 12 anni, Alfredo Antonino era riuscito a portare al Teatro Chiarella.

Pianista, organista e trombonista, da quel momento Dick fu un seguace dello swing. «Il jazz deve avere swing, deve far battere il piede.– ripeteva- E’ un linguaggio universale, l’unica musica che si può suonare con persone mai viste prima senza avere mai provato». Era quello che gli era successo con big mondiali come Bud Freeman e Lionel Hampton.

Accanto, poi, ad un’attività regolare coi Blues Messengers (formati nel 1975), innumerevoli e prestigiose furono le sue collaborazioni: da Fred Buscaglione a Gorni Kramer, da Piero Angela a Mina. Per non parlare di Paolo Conte che suonò il vibrafono con lui negli anni ‘50 e ‘60. Un’attività intensissima, nonostante il jazz fosse solo un hobby.

Nel 1984, cessata l’attività lavorativa, si ritirò a vivere sulla collina di Chatillon, dedicandosi completamente al jazz. In Valle si esibì un pò dovunque, comprese le strade di Aosta dove durante le feste era solito fare delle street parades coi Blues Messengers. Tra i suoi ultimi spettacoli, nel dicembre 1993, al Duit di Aosta, “Sesquipedale” di e con Mario Pogliotti ed il figlio Guido. «Era uno showman ed incarnava perfettamente l’ottimismo dello swing.- disse di lui Pogliotti- Quel jazz pieno di allegria o sana tristezza che con lui ha perso uno dei suoi ultimi rappresentanti».

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