«E’ qualcosa di vomitevole. La situazione che si è creata intorno al dramma di Eluana Englaro è oscena». Ad essere indignato è lo scrittore Daniele Gorret, che al tema della morte ha dedicato anni di profonde riflessioni confluite nei tre volumi “Venticinque maniere per morire”, “Crocefissi” e “Via Crucis”. «Tutto ciò è conseguenza del fatto che la morte è l’argomento più rimosso e dimenticato della nostra epoca. Un atteggiamento irrazionale ed infantile che in Occidente è iniziato quando la civiltà contadina ha lasciato il posto a quella industriale. Da allora ci siamo illusi che, per vincere la morte o, almeno, per non provarne più l’angoscia, bastasse rimuoverla. Da “nostra sora morte corporale”, come la definiva San Francesco, è diventata qualcosa di oscuro che ogni tanto sembra ricomparire con caratteristiche di casualità e insensatezza. E ciò la rende ancora più paurosa, terribile e inaccettabile». Quale è, invece, la sua idea di morte? «In tutti gli esseri viventi la morte non è scissa dalla vita, ma, anzi, ne fa parte. E’ solo a prezzo della morte che la vita può continuare e rigenerarsi. Sono, piuttosto, i fantasmi di immortalità che ci vengono agitati davanti il segno più chiaro della nostra voglia di distruzione che coinvolge tutto il pianeta. Ne è una prova il problema, completamente censurato e rimosso, della demografia galoppante, che se da una parte porta all’aumento dei potenziali consumatori, dall’altra condanna a morte certa tantissima gente». Col suo impatto mediatico il caso Englaro ha, poi, fatto scoppiare tutta una serie di contraddizioni della società contemporanea.
«E’ emblematica- continua Gorret- l’immagine di questo corpo straziato totalmente in preda a poteri forti: la politica, la chiesa, la medicina, i giornali… Tutti a contendersi un corpo che, tra l’altro, non era più quello della splendida giovane delle foto che ci hanno fatto vedere. Perché almeno negli Stati Uniti le immagini diffuse di Terry Schiavo ne mostravano il disfacimento, qui, invece, si era indotti in inganno. Sembrava, infatti, che la contrapposizione fosse tra la vita e la morte, e non, piuttosto, tra la vita piena e quella artificiale a cui questa persona era affidata da 17 anni. Giustamente, infatti, il padre ha invitato i politici ad andare a vedere in che condizioni fosse Eluana. E qui si aprirebbe l’altro capitolo del feticcio della “quantità” di vita piuttosto che della “qualità”, e di quella più grave “morte seconda” dell’anima, come la definiva San Francesco, che interviene anche se si scoppia di salute. Da questo punto di vista viviamo in mezzo a “morti” che non sanno di esserlo». A proposito di politici, il loro atteggiamento ha reso ancora più esplosiva la situazione… «C’è stata l’incoerenza etica del nostro Presidente del Consiglio, che dopo essersi defilato, temendo una divisione del suo schieramento, quando il problema è diventato una patata bollente ha assunto il profilo del decisionista. Sono, tuttavia, convinto che, come diceva Pasolini, non possiamo ribaltare tutto sulla classe politica, perché, come confermano i sondaggi, la classe dirigente rispecchia il livello etico e culturale della maggioranza degli italiani».