E’ un musicista classico, ma non troppo. E’ suo, per esempio, il trombone solista nella colonna sonora del film “Les parapluis de Chebourg”. Ma ha, anche, accompagnato Edith Piaf, Charles Aznavour e Maurice Chevalier. E nelle caves di Saint Germain des Pres ancora ricordano sue infuocate jam session con Lucky Thompson e Kenny Clarke. Chi è, dunque, lo sloveno Vinko Globokar? «Io suono il trombone, compongo, insegno, dirigo e scrivo libri.- risponde – Tutto ciò perché ho capito che i progressi in un campo aiutano anche negli altri. Per inventare musica bisognerebbe prendere un elicottero e salire in alto per vedere cosa c’è intorno al campo della musica: dalla filosofia alla letteratura. Gli stimoli creativi, più che dalla musica, vengono dalle cose che hanno a che fare con la vita. La cosa che non sopporto è essere catalogato come un uomo unidimensionale. Purtroppo, però, in una società, come quella attuale, che privilegia gli specialisti, chi fa tante cose non è apprezzato, e, perfino Leonardo da Vinci sarebbe considerato un dilettante». Qual’è la sua risposta ad Adorno che sosteneva che dopo Auschwitz non si potesse più fare musica? «Penso che oggi la musica non può prescindere dal sociale e deve avere sempre dietro una filosofia. La mia estetica è partita dal fatto che volevo far parlare il trombone. La cosa è ardua, ma l’intenzione è più importante del risultato, questo si potrà, pure, rivelare completamente diverso dall’idea ma sarà, in ogni caso, nuovo».