L’11 maggio 1936 era nata a Oakland, in California, Carla Bley, una delle migliori compositrici, arrangiatrici e bandleader jazz.
Nata Borg, ha preso il cognome del primo marito, il pianista Paul Bley, conosciuto nel 1957 nel celebre locale “Birdland” di New York, dove lavorava come “cigarette girl”. Fu lui ad incoraggiarla a comporre. Dopo alcune collaborazioni con George Russell e Jimmy Giuffre, la sua carriera decollò con la nuova relazione, artistica e personale, con Michael Mantler (da cui ha avuto la figlia Karen, anche lei jazzista). Con lui nel 1965 fondò la “Jazz Composer’s Orchesra“, con la quale nel 1971 pubblicò la storica opera jazz “Escalator over the hill” che catturò molte delle migliori energie creative di quegli anni, spaziando dalla musica teatrale di Kurt Weill al free jazz, dal rock alla world music. Basti pensare che nel cast comparivano musicisti come Gato Barbieri, Jack Bruce, Don Cherry, Charlie Haden, Don Preston, John McLaughlin, Enrico Rava, Linda Ronstadt e Paul Motian.
Intervistai la Bley il 28 ottobre 1998, in occasione del primo appuntamento della rassegna “Aosta Jazz”. In quell’occasione si divertì a scattare foto con una delle prime macchine digitali. Ne scattò una anche a me che ha, poi, pubblicato nel libretto del Cd “Are we there yet?” del 1999.
Ecco uno stralcio dell’intervista che le feci:
… Jazz è anche un batuffolo di capelli biondi con frangetta. Jazz sono due mani ossute che zampettano su una tastiera. Jazz sono un paio di vezzose calze a strisce bianconere. In poche parole, jazz è Carla Bley, la pianista e compositrice americana che il 28 ottobre 1998, in occasione del primo appuntamento di “Aosta Jazz”- soggiogò lo strabordante pubblico accorso alla Biblioteca di Viale Europa con una musica impalpabilmente eterea (anche se meticolosamente costruita), orecchiabilmente complessa, speziata di ironia e sublimato divertissement. Con lei c’era il bassista elettrico Steve Swallow con il quale viveva da anni uno dei più fecondi “menage à trois” della storia della musica: lei, lui ed il jazz.
«La musica che scrivo normalmente per Big Band è molto “chiassosa”– mi disse la Bley – per cui in questo momento mi piace di più la leggerezza della musica fatta in duo. E poi è un ritorno alle radici del jazz quando i musicisti si esibivano da soli o in piccole formazioni».
La Bley è infatti famosa come una delle migliori compositrici, arrangiatrici e bandleader jazz. «Adesso ho sospeso l’attività della mia orchestra ed ho un nuovo gruppo costituito da quattro ritmi e quattro fiati che poi sono alcuni dei solisti della Big Band come il trombettista Lew Soloff ed i sassofonisti Gary Valente ed Andy Sheppard»
Tra le “happy songs” presentate ad Aosta (tutte composte dal duo con l’eccezione di “Lost in the stars” di Kurt Weill) un paio erano dedicate ad autori classici: Mozart e Satie (“Satie for two”, ironica parodia di “Tea for two”).
E’ segno di un rinnovato interesse verso la musica classica? «L’unica relazione con la musica classica europea è mio padre che era maestro del coro ed organista nella chiesa di Oakland dove sono nata. La musica di Satie mi ha comunque influenzata anche perché da ragazzina registrai dalla radio la sua “Parade”; poi l’apparecchio si ruppe e, prima di riuscire a ripararlo, ascoltai quel brano un sacco di volte».
Euforico per l’esito del concerto (e per il frizzante Prosecco sorseggiato) Swallow aggiunse: «La musica che abbiamo fatto stasera è molto personale ed intima anche se con un fondo di divertimento. Gli arrangiamenti sono molto curati perché naturalmente Carla ha conservato lo stile di arrangiamento che usa per l’orchestra».
La musica suonata quella sera in duo fu, inevitabilmente intima, ma la Bley donna-orchestra uscì comunque fuori negli arrangiamenti e quando suonò il piano…
«Certo– scherzò lei, con un’eloquente mimica- Ho dieci dita per cui le prime tre sono tromba, trombone, sax, questa è la chitarra, questa è la batteria … e il mignolo è Steve»…
Il filmato dell’intervista a Carla Bley e Steve Swallow opera di Michelangelo Buffa
Ho fatto “un’abbuffata” di Carla Bley, alla fine degli anni settanta. Ascoltavo molto free e avevo parecchi nastri delle sue incisioni. Un paio d’anni fa l’ho rivista nella manifestazione Time Zones, organizzata a Bari, con Charlie Haden e ancora anni prima sono stata al concerto di suo marito. Fortunato sei, che puoi incontrare i musicisti e intervistarli.