fbpx
Teatro

STEFANO MASSINI insegna l’ “ALFABETO DELLE EMOZIONI” allo Splendor di Aosta

Siamo degli analfabeti emotivi. In un’epoca che privilegia la finzione, le emozioni fanno paura perchè sono l’unico linguaggio che non permette di bluffare. Sono materiale incandescente che ci rende umanamente nudi. D’altro canto permettono di farsi capire da tutti. Ecco perché il mondo dello spettacolo ne è sempre più attratto. Da tre anni lo scrittore e drammaturgo fiorentino Stefano Massini vi attinge a piene mani per il monologo “Alfabeto delle emozioni” che la sera del 25 gennaio ha portato al Teatro Splendor di Aosta, per la Saison Culturelle.

Lo ha fatto ricorrendo all’artificio di estrarre da due baule delle lettere, ognuna delle quali gli ha permesso di raccontare storie di personaggi più o meno famosi, trasformando concetti in storie con l’abilità narrativa che lo ha reso popolare con trasmissioni televisive come “Piazzapulita” su La7 e “Ricomincio da RaiTre”. Molto più che i tanti libri e le importanti opere teatrali scritte. E pensare che in quest’ultimo campo ha vinto il Premio Pier Vittorio Tondelli, due premi Ubu e, il 12 giugno 2022, con “Lehman Trilogy”, il Tony Award (l’Oscar del teatro americano).

«Il sorteggio delle lettere mi costringe ad essere un equilibrista senza rete. – ha spiegato- Ma anche il non potere controllare le emozioni spiazza. Che, poi, ogni sera improvvisi diversamente lo ha controllato una signora che si è fatta 400 km per tornare a vedere se sorteggiavo veramente».

All’iniziale lettera M ha, per esempio, legato l’inchiesta fatta dalla coraggiosa giornalista Nellie Bly sull’istituto psichiatrico femminile di Blackwell’s Island, all’epoca uno dei posti più famigerati di New York. Vi si fece ricoverare per dieci giorni scoprendo che era «una trappola umana per topi. È facile entrare ma, una volta lì, impossibile uscire». Ma anche che i Matti non provano emozioni Moderate, ma le vivono fino in fondo senza Museruola.

E’ stata poi la volta della F come felicità, l’emozione che dura meno, al punto che Kurt Vonnegut ha scritto: “quando sei felice, facci caso”.

E della P, come paura. Con Nicky Lauda a dimostrarci che «la paura che ci fa più paura è la paura. Perché la paura è inaccettabile in quanto ci racconta dei nostri limiti».

Per concludere con lettera Q «come quel Qualcosa che non sai, ma senti dentro. Perché le emozioni sono forze anonime, strane. Per loro nel dizionario non c’è un nome». Quel qualcosa che una notte aveva portato una paziente della dottoressa Anna Freud a scoppiare a piangere come non aveva mai fatto al ricordo di un cappello perso mentre ammirava una bellissima cascata. «Sono infiniti i miei frammenti di vita che, come quel cappello, ho disseminato negli anni.– le raccontò- E chissa come, chissà dove, chissà quando, a forza di perdere i miei pezzi, la verità è che non so più chi sono».

La lezione dell’“Alfabeto delle emozioni” è, quindi, che non bisogna avere paura delle nostre emozioni, perché in esse c’è il linguaggio universale dell’essere umano. E’ frequentando quel linguaggio che costruiamo dialogo, entriamo in comunicazione, agiamo insieme, conoscendo l’altro. Perché è nell’altro che riconosciamo noi stessi.

Rispondi

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: