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PAOLO GIORDANO: dalla solitudine dei numeri primi a quella degli “ultimi” assistiti da MEDICI SENZA FRONTIERE

mondiSempre di numeri si tratta. E sempre di solitudini. Se, però, nel suo fortunatissimo “La solitudine dei numeri primi” ad essere abbandonati a sé stessi erano due rampolli dell’opulenta borghesia italiana, in “Mundele“, l’episodio che Paolo Giordano ha scritto per il libro a più mani “Mondi al limite” , ad essere lasciati soli sono gli “ultimi”, cioè i tantissimi malati di AIDS e le prostitute di Kinshasa, in Congo. Con questa realtà lo scrittore torinese è venuto in contatto grazie all’Associazione Medici senza Frontiere” che da 37 anni opera nelle situazioni “al limite”, offrendo alle popolazioni povere ed inermi di tutto il mondo cure gratuite e la possibilità di dare voce alle loro sofferenze. Per quest’ultimo compito i MSF si erano finora affidati ai loro operatori sparsi nel mondo, forti della convinzione che è meglio un testimone che un testimonial. Con “Mondi al limite”, pubblicato nel novembre scorso da Feltrinelli, per la prima volta si sono, invece, lasciati narrare da nove scrittori  italiani (Alessandro Baricco, Stefano Benni, Gianrico Carofiglio, Mauro Covacich, Sandrone Dazieri, Silvia Di Natale, Paolo Giordano, Antonio Pascale, Domenico Starnone) che hanno messo l’associazione sullo sfondo di ritratti e storie ambientate in alcuni dei 63 stati in cui opera: dalla Thailandia alla Brasile, dalla Somalia all’Italia (dove i MSF assistono gli immigrati che arrivano a Lampedusa o lavorano nel Sud nella raccolta di frutta ed ortaggi ). La matita di Emilio Giannelli ha completato, poi, l’affresco soffermandosi su alcune importanti tematiche di cui MSF si occupa da anni: dall’Aids pediatrico alla “ferocia economica” delle multinazionali che impediscono l’accesso dei poveri ai farmaci . Prima che scrivessero un solo rigo, MSF ha voluto, però, che tutti gli scrittori che hanno partecipato al libro si immergessero in prima persona, corpo e spirito, nei disagi che per l’associazione sono abituali. «C’è stato un momento in cui mi sono chiesto: ma che cazzo ci vado a fare in Congo? – ha detto  Giordano presentando il volume il 6 giugno nella Biblioteca regionale di AostaPoi ho capito che l’idea di MSF era giusta: non basta fare, bisogna raccontare quello che si fa. Loro lo fanno da anni con documenti, dossier e comunicati, ma hanno pensato che, ricorrendo a dei professionisti della parola come noi ,sarebbe stato più facile rompere il muro d’indifferenza degli italiani e che il “raccolto mediatico” sarebbe durato più a lungo. Ne è venuto fuori un libro non agiografico, perché i MSF sono focalizzati sulla loro mansione e non fanno niente per apparire come dei buoni samaritani o, peggio, degli eroi. La difficoltà maggiore è stata rendere normali situazioni che sono drammatiche, e che fanno sì che quando uno arriva, per esempio, a Kinshasa gli venga voglia di scappare. Altro che “mal d’Africa”….»

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