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MUSICA Sicilia

Le canzoni d’amore e rabbia di ANDREA MANCUSO

Attualmente lavora in Valle d’Aosta alla ristrutturazione della caserma dei carabinieri di Valpelline,  ma “a malatia” di Andrea Mancuso è scrivere canzoni. Soprattutto in siciliano, visto che è nato a Palermo. Canzoni d’amore (come “Pi tia” che dà il titolo al suo primo Cd pubblicato nel 2008), canzoni a sfondo sociale (“Serial Killer” e “Bastava pensare un attimo”, dedicata alle stragi del sabato sera), ma anche canzoni di rabbia. I motivi, per uno che vive a Carini e ha la sede della ditta dicostruzioni a Capaci, non mancano certo. «Sono andato via da Palermo– spiega- perché il mercato era chiuso, per cui o entravo in determinati giri o cambiavo aria. Ormai da venti anni lavoro in giro per l’Italia

Oltre ad averla provato sulla propria pelle, la violenza della mafia, Mancuso, ce l’ha ancora nelle orecchie. «E’ stato solo per un caso che non fossi a Capaci quando, il 23 maggio 1992, hanno fatto saltare l’auto di Giovanni Falcone. Ero, invece,sul Monte Pellegrino, sopra Palermo, quando ho sentito il boato dell’attentato a Paolo Borsellino.» Ne è nata “Loro sono vivi”, in cui canta di questi “uomini normali ma uomini speciali. Poveri cristi, suli dallo Stato abbandonati”.”Picchi?”, ripete, concludendo “Semu stanchi di viriri sangu pi li strati. Vivi vivi, loro sono vivi, non moriranno mai”. La canzone (il cui video è su YouTube) l’ha cantata in uno spettacolo organizzato in quella Via Notarbartolo dove Falcone abitava e dove il suo albero è diventato un simbolo della lotta contro la Mafia. L’ha replicata, poi, il 10 febbraio di quest’anno nell’auditorium di Carini per la decima edizione del “Premio Ninni Cassarà”, dedicato alla memoria del vicequestore ucciso dalla mafia venticinque anni fa. Quanto, però, ci sia ancora da fare per una cultura della legalità lo dimostra quella parte della platea del Teatro Ranchibile di Palermo che a giugno, quando l’ha sentita annunciare, ha abbandonato la sala. Allo stesso filone di denuncia sociale appartengono “E finiu la latitanza”, ispirata a Bernardo Provenzano (“ch’i pizzini lu truvaru”) e “Pentitu”, in cui immagina un dialogo tra Tommaso Buscetta e Falcone (“Io dutturi nun sugnu né pazzù e ne mbriacu… tanta gente av’a trimari, tante testi hanno ‘a satari”)

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