Sono dieci anni che il pianista Giorgio Costa, piemontese ormai di casa ad Aosta, propone in Valle recital in cui accosta la poesia di Leopardi alla musica di Chopin con un partner d’eccezione come il grande attore ferrarese Arnoldo Foà.
Nei “Sogni notturni: Leopardi e Chopin” che il 23 febbraio ha proposto al centro culturale La Place di Aosta ad affiancarlo è, invece, stata la figlia di Foà, Orsetta. «Più che un’attrice sono quella che una volta si definiva fine dicitrice.– ha spiegato- Ho provato tante volte ad intraprendere la carriera di attrice ma papà ha fatto di tutto per dissuadermi. Solo quando ho deciso di specializzarmi nella dizione poetica e nella lettura di testi l’ “uomo Del Monte” ha detto finalmente sì, consigliandomi ed incoraggiandomi. Ancora oggi se ho qualche dubbio vado da lui. Il 24 gennaio ha compiuto 97 anni, e, per la sua età, sta benone.» Nei suoi recital e reading teatrali Orsetta ha scelto di rendere omaggio ad autori come Alda Merini, Tiziano Terzani, Alberto Bevilacqua ed Amos Oz. Leopardi lo ha, invece, “ereditato” dal padre. «E’ successo che quattro anni fa è stato poco bene e mi ha chiesto di sostituirlo in un recital con Giorgio. La poetica di Leopardi è tendenzialmente opposta al mio carattere, col tempo si è, però, trasformata in un grande arricchimento personale.»
Non poteva essere diversamente con capolavori come “La sera del dì di festa”, “A Silvia”, “Il sabato del villaggio”, “Il sogno” e “Canto notturno del pastore errante dell’Asia”, le poesie in scaletta ad Aosta che hanno assunto un particolare fascino intrecciandosi con le note di Chopin proposte da Giorgio Costa. Anche in questo caso capolavori assoluti come il “Notturno in do diesis minore op. 27 n. 1”, o la “Ballata in sol minore op. 2”, o, ancora, la “Polacca in la bemolle maggiore op. 53”. Musica aperta alla poesia («Chopin- ha detto un critico- sopra un solo strumento musicale ha fatto passare linguaggi infiniti») e liriche dalla chiara valenza musicale (non a caso Leopardi le raccolse con il titolo di “Canti”). Con Orsetta che dal padre ha imparato come universalizzare la malinconia leopardiana facendone uno struggente, immenso, canto della Memoria nel quale è dolce “naufragar”.
«Adoro stare in mezzo alla gente– ha affermato- parlare, leggere, far sentire la mia voce che canta poesie eccelse o racconta storie incredibili, che fa tuffare chi mi ascolta in mondi diversi eppure uguali a quelli che tutti noi viviamo dentro. Gioie, emozioni, paure ed amori sono il mio pane preferito.» Tra i tanti aneddoti vissuti con l’istrionico padre, curiosa è la genesi del nome Orsetta. «Essendo la quarta di cinque figlie femmine, i miei genitori erano un po’ a corto di idee sul nome da darmi. Finché una sera, tornando a casa, papà disse a mia madre Ludovica: che ne dici di Orsetta? Lei ne fu felice. In quel periodo lui stava recitando ne “I racconti di Padre Brown” con Renato Rascel, così, quando qualche sera dopo questi venne da noi a cena, arrivò con la sua cagna alla quale, nell’entrare, disse: “vieni Orsetta, entra anche tu.” Papà lo ha ammesso solo un paio d’anni fa, ma per il mio nome si era ispirato a quel cane!»