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Musica Jazz

Quella volta che conobbi il “Saxophone Colossus” SONNY ROLLINS

1996- con Emanuele Cisi e Sonny Rollins

Finì accennando, da perfetto “balladeur”, la vecchia “Non dimenticar”. E, in effetti, è impossibile dimenticare il concerto che il leggendario sassofonista Theodore Walter Rollins,detto Sonny, tenne l’ 11 novembre 1996 al Teatro Regio di Torino. Lo confermò il sassofonista torinese Francesco Partipilo, che, in ricordo della sua ultima esibizione torinese, 11 anni prima, aveva addirittura chiamato Sonny il figlioletto (e nell’occasione glielo fece conoscere).

1996- Sonny Rollins e Sonny Partipilo

A 66 anni Rollins dimostrò di essere ancora lui il “saxophone colossus”: irruento, instancabile, inventivo, tecnicamente mostruoso. Capace, con il suo Selmer del 1956, di seducenti malie melodiche (come “In a sentimental Mood”), ma, anche, di far venir giù il teatro dagli applausi con un torrenziale assolo di oltre 15 minuti in uno dei suoi caratteristici calypsi (anche il celebre “St. Thomas” è durato 20 minuti). Certo il jazz era andato avanti: erano arrivati gli organizzatori di materiali musicali e il jazz era ormai fatto di equilibri e collettivi. Fu, comunque, egualmente impossibile non rimanere annichiliti dalle sue colate di note, dal suo furore creativo, dalla sua urgenza di dare, da un virtuosismo non fine a sé stesso bensì inteso come mezzo per comunicare. Il tutto perfettamente assecondato da Clifton Anderson (trombone), Bob Cranshaw (basso), Stephen Scott (piano), Victor-See-Yuen (percussioni) e Harold Summey (batteria).

1996- Sonny Rollins + 3

Qual’è il segreto di questa sua infinità energia musicale?, gli chiesi nel dopo-concerto in cui si concesse pazientissimo agli ammiratori (tra cui il sassofonista Emanuele Cisi). «La pratica dello yoga e, soprattutto, la fede in Dio», rispose. Una modestia sicuramente eccessiva che confermò affermando: «Ho raggiunto alcuni discreti traguardi in un periodo speciale in cui la musica suonava sè stessa e bastava solo che tu fossi lì».

Nato a New York il 7 settembre 1930 si dedicò allo studio del piano, finché a casa dello zio non trovò un vecchio sax abbandonato sul fondo di una cassa. «Fu amore a prima vista», ha confessato. Il debutto in pubblico avvenne a soli 19 anni con Babs Gonzales. Seguirono le collaborazioni con Bud Powell, Fats Navarro, Charlie Parker, Lester Young, Dizzie Gillespie, Miles Davis, Clifford Brown, Monk, Coltrane e tanti altri che ne fecero uno dei musicisti guida del jazz a cavallo tra bop ed hard bop. Compositore felice (sono sue “Oleo”, “Airegin” ed il calypso “St.Thomas”, frutto del suo impallinamento per la musica caraibica), Rollins ha firmato oltre 100 album da solista tra i quali gli storici “Saxophone Colossus” (1956), ”Freedom Suite” (1958) e “The bridge” (1962). Quest’ultimo fu il risultato di un periodo di ricerca personale caratterizzata dalle esercitazioni sotto il ponte di Williamsburg. Ormai novantenne, dal 2012 Rollins non si è più esibito in pubblico.

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