Per chi ha più di quarant’anni il cavallo per antonomasia è lo stallone bianco che, negli anni Settanta, trasmetteva una “sensazione di prorompente vitalità” correndo libero sulla spiaggia in una pubblicità di Pino Silvestre Vidal. Si chiamava Cardinero, e, quando nel 2007 morì, San Genesio, dove aveva vissuto la vecchiaia, gli dedicò una piazza. Alla fama televisiva erano, purtroppo, seguiti anni bui, che Dacia Maraini, che l’aveva conosciuto, ha descritto nel racconto “La rinascita di Orlov”. “Mi guardò– scrive- con l’aria annoiata e spenta di chi si sente di troppo e sa che non l’aspetta niente di buono”. Stato d’animo e sorte che accomunano quasi tutti i purosangue dismessi dalle piste. Dal 2009 cerca di aiutarli il progetto “Relived Horses”, che ha il sostegno di ippofili come Riccardo Scamarcio e Roberto Vecchioni (che a Cardinero ha dedicato la canzone “Bandolero stanco”). All’associazione sono destinati anche i fondi raccolti con la vendita del libro “Soffi di libertà”, edito da “Equitare”, che, oltre a quello della Maraini, raccoglie altri quattro racconti sul rapporto uomo-cavallo. Si parte con la magia ancestrale dell’incontro descritta da Maria Lucia Galli e Sandra Petrignani. Patrizia Carrano racconta, invece, di
Egle Fanelli, ex attrice che nei cavalli trovò le emozioni che il palcoscenico non le aveva dato, diventando la prima grande allevatrice italiana. Chiude il libro Paola Mastrocola con il “Monologo del cavallo laterale”, che spiega la persistente seduzione che non permette al cavaliere di liberarsi del pensiero dell’amico a quattro zampe al cui fianco ha fatto un tratto di strada più o meno lungo. I disegni ad acquarello che impreziosiscono il volume sono dell’aostana Eugenia Mola di Larissé, grande appassionata di cavalli, per e con i quali ha fatto di tutto: li ha accuditi, cavalcati, addestrati, disegnati, fotografati e rincorsi nei migliori allevamenti e scuole del mondo. «Il cavallo ce l’ho nel sangue- confessa- Con lui riesco a stabilire una
simbiosi particolare fatta di costante e reciproco ascolto. E’ un rapporto vero che fa recuperare la naturalità persa, aiutando a vivere le proprie emozioni.» Una passione totalizzante, la sua, che si è approfondita attraverso una lunga serie di cavalli: da Danika, una cavalla polacca regalatale dal padre, a Sigfried, Furioso 43°, Scandinavia, Peres e Charlie Brown. Passione che, inevitabilmente, si è riflessa in quella artistica, ponendo il cavallo al centro del suo universo creativo. «Fin da ragazzina disegnavo cavallini sui diari e sui libri dei miei compagni. Finché un’amica di una scuderia di Torino mi ha detto: perché non fai una mostra?». Era il 2000, e da allora l’evoluzione artistica di Eugenia ha attraversato varie fasi: dal pastello gessato all’accostamento, grazie al digitale, dell’acquarello con la fotografia in grandi tavole in alluminio o vetrate. Di pari passo sono arrivati i riconoscimenti. Nel 2008 alcune sue opere sono state esposte all’Agora Gallery di New York e a Parigi, nella sede della prestigiosa rivista “L’Eperon”. Fino alla consacrazione, nel 2006, con l’assegnazione, all’Ippodromo delle Capannelle di Roma, del “Premio Lydia Tesio – Signore dell’Ippica”. Unica vincitrice di una regione, la Valle d’Aosta, dove, incredibilmente, non ha mai esposto.