«Il jazz è un po’ come la cucina– spiega il sassofonista e clarinettista Marco Tardito– se si finisce per proporre lo stesso menù il pubblico scappa. Quello che, invece, offriamo con questo trio è estremamente vario e gustoso.» Il gruppo in questione è “The Original Triology” che il 5 marzo si è esibito all’Espace Populaire per il quinto
appuntamento della rassegna jazz. Oltre a Tardito, ne fanno parte il chitarrista Max Carletti ed il trombonista Giorgio Giovannini, due musicisti abituati alle folle quando suonano, rispettivamente, con Eugenio Finardi e Roy Paci. «Vuoi mettere, però, col divertimento che proviamo quando ci ritroviamo in formazioni come questa?– continua Tardito- L’organico più intimo e senza ritmica favorisce l’interazione e ci divertiamo a suonare cose apparentemente lontane con lo stesso tipo di atteggiamento dissacrante, rimpallandoci le idee musicali in un gioco d’improvvisazione spesso collettiva.» Divertimento? Gioco? Non sembra neanche che Tardito stia parlando di jazz, almeno come nella maggior parte delle volte lo si
presenta. «Molta gente è legata alla tradizione– ribatte- Io, pur rispettandola, non ce la faccio perchè sono curioso.» Lo confermano i progetti realizzati nell’ultimo anno, in cui è passato dai una rielaborazione dei madrigali di Monteverdi per le celebrazioni del cinquantenario dell’istituzione dei Parchi Nazionali francesi all’arrangiamento delle canzoni di Celentano con il “Kangaroux Quintet” («“24.000 baci”, arrangiata in maniera balcanica, collima con la “Danza delle spade” di Khachaturian»). Tutto ciò si riflette nel repertorio che il trio ha proposto all’Espace, che, accanto a pezzi originali dell’estroso Carletti, ha visto la riproposta di brani come “Aquarela do Brasil”, “Take the A train”, “Saga of Harrison crabfeathers” del pianista Steve Kuhn e “Freedom jazz dance” del sassofonista Eddie Harris ripresa anche da Miles Davis.