
<Sogni? Sì, sogni! A furia di sognare, si riesce a portare nel concreto ciò che si sogna>. Parole di Giulia Maria Crespi, morta il 19 luglio a 97 anni, che nel 1975 con Renato Bazzoni aveva fondato il Fondo Ambientale Italiano per difendere le bellezze italiane. Per sempre, per tutti, come recita il suo slogan.
Alla Crespi è stata dedicata l’edizione 2020 delle Giornate FAI d’Autunno, promosse, il 17 ed il 18 ottobre, dai 96 Gruppi FAI Giovani d’Italia. Il Gruppo Fai Giovani di Aosta, in particolare, in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni e le attività culturali della Regione, ha aperto le porte del Castello di Quart per un’ultima visita esclusiva prima dell’inizio dei lavori di restauro del nuovo lotto.
Le restrizioni dovute all’emergenza Covid hanno imposto gruppi ridotti rispetto agli eventi passati, con 12 turni di visita giornalieri con un massimo di quindici posti, andati presto a ruba. In 360 hanno, così, potuto scoprire le bellezze ed i misteri di questo affascinante “castello-borgo” che, assiso sul suo “trono di pietra”, come ha scritto l’archeologa Stella Bertarione, domina dall’alto del promontorio posto all’imbocco della Valsainte l’intero fondovalle della piana di Aosta.

Dopo un lungo periodo di abbandono, solo nel 2010 sono, infatti, iniziati importanti lavori di restauro, per riportare il castello allo splendore cui l’aveva portato la potente famiglia De Porta Sancti Ursi che l’aveva costruito a partire dalla fine del XII secolo (1185 circa).

Trasferitivisi alla fine del XII secolo, diventando i Signori di Quart, all’antica torre cinta da mura avevano affiancato la Cappella (ricostruita e decorata con affreschi di botteghe piemontesi del Cinquecento e pregevoli stucchi, firmati e datati 1606 di Giovanni Gabuti) ed un poderoso Donjon (Torrione) dal profilo trapezoidale.


All’interno di quest’ultimo si possono attualmente ammirare i resti di affreschi, disposti in tre registri, con le epiche gesta di Alessandro Magno e dell’eroe biblico Sansone che smascella un leone, inframezzate dalla simbologia dello scorrere dei mesi dell’anno che richiama il mosaico della Cattedrale di Aosta. Curiosa, in alto, la tozza raffigurazione di un elefante, forse tratta dai Bestiari del tempo o forse visti cavalcare dai Saraceni. Dopo la morte di Enrico di Quart, avvenuta nel 1377, il castello e il feudo passarono ai Savoia che lo cedettero nel 1550 a Filiberto Laschis, il quale lo rivendette quasi immediatamente ai Balbis. Nel XVII secolo il castello appartenne prima al conte Nicola Coardo e, dal 1612, ai Perrone di San Martino che lo donarono al Comune di Quart nel 1800. Quest’ultimo, nel 1874, vendette a sua volta il castello ad una famiglia privata che vi instaurò un’azienda agricola che fece perdere al complesso molto del suo carattere originario. Nel 1951 quest’ultima lo rivendette alla regione Valle d’Aosta che ne è l’attuale proprietaria. Il tutto accompagnato da una lente ed inesorabile decadenza, interrotta, nel 2010, dai lavori di restauro.

Panorama della Vallata dal Castello di Quart