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DONNE MUSICA

PATTY PRAVO: la cambio io la vita che non ce la fa a cambiare me

Per una che nel 1994, durante una trasmissione televisiva in Cina, aveva avuto un miliardo e trecentomila spettatori non fu certo piacevole il 18 giugno 2006 ritrovarsi la platea del Centro Congressi di Saint-Vincent “sconsideratamente vuota”. Fu quello, infatti, il commento di Nicoletta Strambelli, in arte Patty Pravo (Venezia 9 aprile 1948), quando, salita sul palco del Salone Gran Paradiso, si ritrovò davanti solo un centinaio di persone (il concerto era, purtroppo, riservato ai clienti del Casinò).

Le sue “canzoni stupende” (come recitava il titolo della sua doppia compilation da poco uscita) avrebbero sicuramente meritato un pubblico ben più numeroso ed entusiasta. Anche perché la Pravo apparve in buona forma (sia fisica che artistica) e perfettamente assecondata da un gruppo formato da Mario Schilirò e Toti Panzanelli alle chitarre, Luca Trolli alla batteria, Alessio “Abdul” Graziani alle tastiere, Andrea Grossi al basso e il bravissimo Amedeo Bianchi al sax.

Per non parlare dei celeberrimi brani snocciolati, gli stessi che nel corso di una carriera ultraquarantennale hanno raccontato, spesso anticipandola, la storia del costume italiano. Incollandole sempre più il soprannome, Pravo, mutuato dalla sua predilezione per l’Inferno di Dante e le sue anime prave.

Era il 1966 quando aveva cominciato a scuotere i “ragazzi tristi” della sua generazione, invitandoli a “scoprire insieme il mondo che ci ospiterà” (la stessa canzone con cui, nel 1992, le detenute di Rebibbia la salutarono quando uscì dal carcere, dopo esservi rimasta tre giorni per possesso di hashish). Era, invece, il fatidico 1968 quando con una canzone, e l’esempio, indicò alle tante “bambole” italiane come fosse possibile non lasciare più “la mia vita nelle mani di un ragazzo”. Per non parlare delle “pazze idee (di far l’amore con lui
 pensando di stare ancora insieme a te)” o degli spericolati triangoli (con un lui e una lei) di “Pensiero stupendo”.

Anche il repertorio più recente, pur meno ricco di pathos melodico, sembrò, comunque, calzarle perfettamente, omogeneizzato come fu dal fascino obliquo di un’interprete che, nonostante gli anni e gli accadimenti di una vita tumultuosa, ha continuato a distinguersi per la capacità di disorientare e condurre altrove, in una parola di sedurre. Al punto di risultare assolutamente credibile quando in “Dimmi che non vuoi morire” di Vasco Rossi cantò di essere riuscita lei a cambiare la vita “che non ce la fa a cambiare me”.

 

3 commenti

  1. Questo articolo tocca le corde giuste ed evoca emozioni a tutti, credo, ma in particolare a chi, come me, appartiene a quella generazione a cui Patty Pravo “ha dato le chiavi di casa”…

  2. Ho usato le virgolette perché l’espressione non è mia! Non mi ricordo quale giornalista o critico musicale abbia scritto che Patty Pravo ha dato le chiavi di casa a un’intera generazione, però non voglio attribuirmi meriti che non ho… mi piace comunque la citazione e la trovo veritiera 🙂

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