Si definisce “sarto di legni esausti”, ma l’artista valdostano Bobo Pernettaz è, soprattutto, un equilibrista. Della vita e dell’arte. Che, poi, è la stessa cosa. Anzi un “filosofo equilibrista”, com’è il titolo di una delle opere che da ieri al 9 settembre saranno esposte alla mostra che si tiene nelle Scuderie del Forte di Bard.
E’ ispirandomi a quest’opera (e ad una canzone di Marta sui tubi) che nella didascalia della mostra (e del catalogo) ho scritto: “L’artista è un equilibrista che gioca con la gravità dei sogni che ha nell’anima. Siano note che pezzi di legno. I più bravi sanno come precipitare verso l’infinito.”
Perché i grandi equilibristi sono quelli che hanno sperimentato il vuoto della solitudine, dell’emarginazione, del lutto («l’unico compagno che avevo dopo la morte di mio padre era lo scrosciare dell’acqua della fontana di Brusson», mi confessò una volta), ma, poi, hanno saputo, rimettere insieme i mille pezzi della loro esistenza con la stessa armonia e vita con cui Bobo, nelle sue opere, assembla pezzi di legno recuperati e colorati, trasformandoli in persone, animali, oggetti e scene di vita.
Composizioni che sanno coniugare la piacevolezza estetica all’introspezione psicologica, l’ironia all’inquietudine. Con dietro la traccia di un preciso disegno e la libertà di chi sa intuire “il mistero del legno parlante”. «Imparò-hanno scritto, infatti, gli alunni della scuola elementare di Jovencan nel catalogo della mostra- che l’arte è nascosta in ogni oggetto, anche in quelli più insignificanti e che un bravo artista deve sempre ascoltare.»