Periodicamente il regime portoghese mandava José “Zeca” Afonso (Aveiro, 2 agosto 1929 – Setubal, 23 febbraio 1987) in carcere. Durante una di quelle che lui chiamava “ferie involontarie”, nell’aprile del 1973, scrisse, nel carcere di Caxias, “Era um redondo vocábulo”, la poesia in musica forse più bella scritta in lingua portoghese. Dal buio di un’ingiustizia e di un linguaggio oscuro affiorano, come lampi, immagini e ricordi che si ricompongono in una poesia della sopravvivenza. Cristina Branco la inserì nel cd “Abril” con cui, nel 2007, rese un omaggio ad Afonso che con le sue canzoni ebbe una parte significativa nella “Revolução dos cravos (rivoluzione dei garofani)” che, nell’aprile 1974, portò alla fine della dittatura militare che in Portogallo durava da cinquant’anni. Fu proprio la trasmissione della sua “Grândola vila morena“ (fino ad allora assolutamente proibita) dalle onde di “Limite”, il programma musicale quotidiano notturno dell’emittente cattolica “Rádio Renascença”, che diede il segnale d’inizio, alla mezzanotte del 25 aprile 1974, alla Rivoluzione che prese il nome dai garofani che, la mattina della sollevazione, una venditrice ambulante di Praça do Comêrcio si mise a offrire ai militari di sinistra.
ERA UN ROTONDO VOCABOLO (versione di Riccardo Venturi)
Era un rotondo vocabolo, un insieme agreste
si rivelavano onde nelle dita sterili
polpe i suoi capelli residui di famiglia
Sugli scalini di Laura l’ìnchiostro cadeva nel mobile vuoto
convocando uncinetti, chiamando il telefono, uccidendo scarafaggi
La furia cresceva, reclamando vendetta
sugli scalini di Laura, nella stanza da ballo
Per la strada i bimbi giocavano e Laura
in sala d’attesa ancora educa l’aria.