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CoroDiario Musica valdostana

CoroDiario (21)- BOJ: “La guerra, quella vera che io conosco, è un’altra cosa.”

Processed with MOLDIVBojana Krunic è nata a Belgrado e la guerra, quella vera, la conosce bene. Quella “guerra mondiale nascosta” che insanguinò la Bosnia e la sua Serbia tra il 1992 ed 1995, causando oltre 100.000 morti e la fuga dalle loro case di più di 2,2 milioni di persone, il più grande esodo in Europa dalla fine della seconda guerra mondiale.

«Ricordo poco le date, ma ricordo bene tutto il resto. Nel 1993 emigrai in Grecia a fare la barista, ma poi per un’appendicite dovetti tornare a Belgrado per rinovare il visto, rimanendo bloccata. E proprio quell’anno sono partiti i bombardamenti. Per fortuna sono riuscita a scappare l’ultimo giorno prima che chiudessero le frontiere per l’embargo».

In Italia è arrivata nel 1996. L‘Umbria ed il Veneto sono state le tappe di avvicinamento alla Valle, dove Bojana è arrivata, nel 2000. Da un decennio vi ha ripreso l’attività musicale, praticata con successo anche in Serbia. In questi giorni di quarantena da coronavirus ha messo a punto, col fratello Milenko, che vive in Germania, la canzone “Hi! It’s fine baby”. «Lui mi ha mandato la base musicale messa a punto col computer e io ho scritto il testo e fatto la produzione vocale e mixato. Il testo parla di qualcuno che si è allontanato e fa fatica anche a salutarmi. Ma ormai a me non ferisce più ,e dico “ok va bene,baby”. Come per dire “supera la cosa, vai avanti”.» Nel video Facebook la si vede in una foto da bambina in braccio al fratello. «Ero appena nata. Essendo prematura sono rimasta all’ospedale di Belgrado per un mesetto.»

A Bojana, che la guerra conosce bene, fa sorridere sentire parlare di “guerra” al coronavirus. «Adesso abbiamo da mangiare. E internet, la televisione, le farmacie coi medicinali. Soprattutto, non si sentono le sirene che avvertivano che stava per iniziare un bombardamento, dopo di che mancava la corrente elettrica. Non parliamo della speculazione sulle candele, il tabacco e la benzina,che costava otto volte di più e le taniche erano vendute in nero dai privati direttamente sui angoli delle strade. Bisognava svegliarsi alle 4 di mattina per comprare il pane e l’olio, perché alle 7 non c’erano già più.  E la svalutazione monetaria faceva stampare banconote da 1 miliardo. Ma, soprattutto, ricordo i cadaveri nella Sava e nel  Danubio»

Lavorando alle casse di un supermercato di Saint-Christophe è, in ogni caso, tutti i giorni “in prima linea”.«Adesso lavoro meno perché, visto che i clienti non possono sconfinare da un comune all’altro, ci hanno tagliato le ore. L’atmosfera si è fatta, comunque, pesante. Molti anziani non hanno capito il pericolo e non rispettano nessun tipo di divieto, e arriva anche il cliente con le mani piene ed il bancomat in bocca. Ci va tanta pazienza. Non ci fosse la musica impazzirei.»

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