L’hanno chiamato TRAMA’, un po’ per una qual certa assonanza con “trama” e molto perché nel patois valdostano la parola rende l’idea di attitudine nomade perfetta per una iniziativa che, profondamente legata alla città di Aosta, è, anche, aperta al mondo. Non a caso l’evento è ospitato negli spazi del Mercato coperto, luogo da sempre deputato allo scambio di merci e culture.

L’idea di questo Festival di arte contemporanea è nata da un gruppo di artiste come Miriam Colognesi, Silvia Musumarra e Simonetta Pedicillo che in questi anni hanno gravitato artisticamente intorno alla galleria aostana Inarttendu di Luciano Seghesio e Daniela Grivon, potente traino culturale al di fuori dei canali istituzionali.
Anche in questo caso è stata la collaborazione con Inarttendu, con il patrocinio di Lorenzo Germak di “Paratissima”, a permettere che l’iniziativa prendesse forma. Decisivo, poi, l’aiuto finanziario e logistico del Comune di Aosta e della Cogne Acciai Speciali.
Dal 1° al 9 ottobre al Mercato coperto si potranno, così, ammirare opere ed installazioni di undici artisti: Marco Jaccond, Nazareno Biondo, Stefano Fiorina, Riccardo Mantelli, Elisa Presta, Andrea Carlotto, Alberto Gambale, Patrick Passuello, Raffaella Santamaria, Peter Trojer ed Elisa Marie Zambetta. Ognuno di loro, con il proprio stile, ha sviluppato tematiche di memoria, identità, migrazione, ambiente e tecnologia.
Ecco, quindi, le evocative opere che Nazzareno Biondo ha voluto realizzare utilizzando vecchi e simbolici pneumatici. O l’arte tessile legata a tematiche come l’identità e la migrazione di Elisa Presta, artista valdostana trapiantata nella Guyana Francese.
O, ancora, “L’ora di punta” di Jaccond, l’utilizzo sperimentale di materiali tradizionali proposto da Trojer e Gambale, i “Portatori di Luce” di Stefano Fiorina, le cianotipie di Raffaella Santamaria su ciò che ci nutre e cosa ci tiene, invece, cuciti insieme, o le surreali teste di Elisa Marie Zambetta (una di queste, “testa di rapa”, è anche riprodotta nel manifesto della mostra).
Più orientate verso la tecnologia, invece, le opere dei valdostani Andrea Carlotto e Riccardo Mantelli.
“Nella mia opera- ha spiegato Mantelli- ho voluto rappresentare la gabbia del silicio che attualmente ci imprigiona attraverso i microchip al silicio che sono alla base del funzionamento di cellulari, lampadine, sigarette elettroniche, eccetera. Nelle mie ricerche spirituali ho scoperto che c’è una tradizione islamica che parla del Re Salomone che sapeva imprigionare dentro il piombo i geni che sentono i desideri umani. Ecco, quindi, che in un angolo dell’installazione ho messo un pezzo di piombo che ho fuso e messo per una notte vicino ad un cellulare, per, poi, fare un esorcismo islamico basato su questo rituale di Re Salomone. Le sfere che, con un visore, si vedono all’interno di una rete di silicio rappresentano, in maniera simbolica, questi geni che si attaccano a noi, nutrendosi del nostro immaginario. Siamo sicuri che la desertificazione del reale durante il Covid sia servita realmente al Covid o è, piuttosto, servita ai geni ad avvicinarsi di più a noi? Il titolo dell’opera, “Connessioni sepolte”, è dedicato ad un italiano, Federico Faggin, che per primo ha inserito il silicio in un microchip, scoprendo che la sua connessione sepolta conduceva molto più velocemente del germanio”
In parte legata al passato di mercato e molto alla situazione politico-sociale globale è, infine, il grande quadro “Futuro prossimo” di Patrick Passuello, in cui una carcassa di animale scuoiato appeso per i piedi viene lentamente dissanguata per sgocciolamento (di sangue cinematografico).
Tramà sarà visitabile, con ingresso libero, domenica 2 ottobre dalle 10 alle 21, da lunedì 3 a venerdì 7 ottobre dalle 9 alle 20, sabato 8 ottobre dalle 9 alle 22 e domenica 9 ottobre dalle 10 alle 17.