«Ero ancora uno studente e volevo diventare un concertista classico quando, un giorno, ho sentito i “Deep Purple” e la mia vita è cambiata.» Sarebbe un’esperienza uguale a quella di tanti giovani che negli anni Settanta furono folgorati dal gruppo che ha inventato l’hard rock se non fosse che il protagonista, il tastierista Don Airey, nel 2001 coi “Purple” ha finito per suonarci. «Mi ha chiamato Roger (il bassista Roger Glover: n.d.r.)-ha raccontato- che mi ha detto che Jon (il tastierista Jon Lord: n.d.r.) era stato costretto a lasciare il tour per problemi ad un ginocchio. Vieni a suonare con noi?, mi chiese. Sì, risposi, ma quando cominciamo? Domani. Fu così che mi ritrovai a suonare in Danimarca, davanti alle 27.000 persone dello Skanderborg Festival, senza aver mai provato.» Per Airey è stato, quindi, un gioco da ragazzi esibirsi il 4 settembre al “Pigalle” di Via Chambery con i membri della “Nuova Officina”: Renzo Foti (batteria), Italo Balliana (basso), Emanuele Rocco (chitarra), Silvano Secco (cantante) e Valter Pellù (tastiere). Bisognava, comunque, vederlo, durante la prova del giorno prima, con quale umiltà cercava di essere il più possibile fedele alle versioni originali dei grandi successi dei “Deep”, anche a costo di annotarsi diligentemente il celebre intro di “Strange kind of woman”.
«Ogni volta che coi “Purple” facciamo un tour riarrangiamo le canzoni che, quindi, cambiano continuamente. Quando, invece, vado in giro a suonare con delle meravigliose band come questa di Aosta loro vogliono suonare le versioni originali, ed io spesso non me le ricordo più.» Airey ha fatto, comunque, presto a rinfrescarsi la memoria perché le versioni di “Fireball”, “Hush” e “Black night” avevano il sacro fuoco degli originali. In scaletta c’erano anche altri pezzi, da “Hey Joe” a “Born to be wild”, che ripercorrevano alcune tappe di quella storia del rock che ha visto il tastierista protagonista con gruppi come “Colosseum”, “Jethro Tull” e “Black Sabbath”. Perché è sempre stato così “gettonato” da questi gruppi storici? «E’ uno sporco lavoro e qualcuno deve pur farlo…». Com’è lavorare con personaggi come Ozzy Osbourne e Ian Anderson? «Ozzy è una persona meravigliosa. E’ molto talentuoso e divertente, quando, poi, beve è fantastico. Ian è un genio ma è difficile lavorarci.» Si è sempre dovuto adattare alla musica degli altri, ma qual’è il tipo di musica che piace veramente suonare a Don Airey? «Amo il rock, ma sono un pianista che negli anni Sessanta suonava Be Bop. Il mio idolo è il pianista Bill Evans, che per me è come Dio.» Come mai nel 1988 ha pubblicato un Cd che si intitolava “K 2”? «Perché il mio eroe è lo scalatore italiano Walter Bonatti. Ho letto la tragica storia della conquista del K 2 nel 1954 e questo mi ha ispirato il CD. Ho saputo che è ancora vivo, per cui quando, a dicembre, suonerò a Milano con i “Deep Purple” vorrei tanto incontrarlo.»
La prova di STRANGE KIND OF WOMAN al Pigalle