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Cantautori

L’Italia precaria di IOSONOUNCANE all’Espace Populaire di Aosta

L’ottavo appuntamento della rassegna “Espace Indie Friday”, tenutosi il 13 maggio all’Espace Populaire di Aosta, ha avuto come protagonista “Iosonouncane”, nome d’arte dietro il quale si cela il ventottenne cantautore sardo Jacopo Incani. «E’ venuto fuori giochicchiando col mio cognome– ha spiegato- Più che per provocare, l’ho scelto perché identificasse un’idea.» Inevitabilmente richiama la precaria vita da “underdog” che Incani ha fatto lavorando in un call center di Bologna, dove si era trasferito per studiare cinema. «Mi sonolicenziato lo scorso anno, non ne potevo più di dire: “Sono Jacopo, in che cosa posso esserle utile?”. Mi ritengo soprattutto un musicista elettronico, anche se, in qualche modo, sono pure un cantautore. D’altronde una volta lo strumento del cantautore era la chitarra, adesso sono i campionatori, che danno maggiori possibilità. Anzi, penso che pian piano la chitarra la metterò da parte.» 

Il suo tumultuoso concerto d’esordio a Bologna («fui contestato da un gruppo di estrema sinistra che aveva equivocato il mio messaggio») attirò l’attenzione dell’etichetta “Trovarobato”, con la quale nel 2010 ha pubblicato il cd “La Macarena su Roma” definito da molte riviste musicali come il miglior esordio italiano dell’anno. «Nei testi– racconta Incani- affronto temi sociali di attualità. E questo sia per la mia esperienza di precario sia perché, per la mia educazione, non riesco a scindere la mia dimensione privata da quella collettiva.» Eccolo, quindi, nei 10 pezzi cantare di morti sul lavoro (“Il corpo del reato”), obesità (“Il ciccione”) e della “morte” della sinistra (“I superstiti”). Lo fa sfruttando argomenti di cronaca per arrivare a metafore, come in “Summer on a spiaggia affollata” in cui cinici bagnanti commentano lo sbarco degli immigrati. Una galleria di “nuovi mostri” descritti con spietata ironia che culmina in “La Macarena su Roma”, in cui nell’odierna Italia del pensiero unico la Marcia su Roma del 1922 si trasforma in uno spettrale trenino al ritmo del motivetto sudamericano che “fischiettava sempre zio Giovanni alle vendemmie”.                                                                                

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