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Arte

ARTE (25) I volti dell’amore di FLAVIO CAROLI

Non è facile parlare, scrivere o cantare d’amore. Ancor più difficile dipingerlo, perché, rispetto alle altre arti, la pittura non può contare sulla “dimensione tempo” che permette di sviluppare un racconto. Nella sola immagine a disposizione, i pittori si sono sempre dovuto giocare tutto. Ecco perché, per colpire l’attenzione, sono spesso ricorsi all’Eros. Ma in due millenni di Storia dell’Arte occidentale l’amore è stato, via via, anche sacro, familiare, scherzoso, ecc.

Il 13 settembre questi suoi vari “volti” dono stati illustrati, in un salone del Palazzo Regionale di Aosta strapieno, dal professor Flavio Caroli. Seguendo lo sviluppo del suo libro “Il volto dell’amore”, il sessantaseienne studioso emiliano è passato dall’eros godurioso delle pitture di Pompei al tormento che il senso del peccato fece calare sull’arte cattolica. Finchè Leonardo da Vinci portò nella pittura “la peste” della psicologia. Uno dei primi e massimo esempi di questa “contaminazione” è stato il Doppio ritratto dipinto nel 1502 da Giorgione, con l’innamorato in primo piano che poggia la testa reclinata sulla mano destra, mentre con la sinistra regge un melangolo, cioè un’arancia selvatica dal sapore acre, che simboleggiava il temperamento dolce-amaro del melanconico.

Nello stesso periodo la pittura recuperò un clima neopagano, con un senso dell’eros che si rifaceva al mondo antico e che, spesso, si affiancò al suo aspetto più casto e angelicato. A questo proposito è paradigmatico “Amore sacro, amor profano” di Tiziano Vecellio, o, in modo ancor più eclatante, l’erotismo sacro dell’ “Estasi di Santa Teresa”, scultura di Gian Lorenzo Bernini che è considerata la prima raffigurazione di un orgasmo della storia dell’Arte.

Un posto d’onore nella trattazione di Caroli ha avuto, naturalmente,L’Origine du monde di Gustave Courbet il cui realismo erotico ha tutt’oggi il potere di scioccare (nel 2009 alcune copie di un libro che lo aveva in copertina sono state sequestrate dalla polizia portoghese perchè reputate “pubblica pornografia”). Non è, forse, un caso che tra il 1955 e l’81 la tela sia appartenuta allo psicanalista Jacques Lacan (che la mostrava solo ad alcuni ospiti, tenendola, per il resto, coperta con una sua versione surrealista, dipinta dal fratellastro Andrè Masson, inserita in una cornice a doppio fondo). Eros e Thanathos, che, secondo Freud, ci muovono, dopo gli studi dello psicanalista austriaco hanno, infatti, indirizzato il cammino dell’Arte. In un senso giocoso (come, per esempio, nel “Carnivale di Arlecchino” di Mirò) o tragico (come nell’inestricabile intreccio tra amore e morte della “Giuditta” di Klimt  o di “Study of George Dyer” Francis Bacon). «Ognuno di noi– ha concluso Caroli- ha dei buchi nell’anima e nella psiche, che, talvolta, qualcun altro giunge a chiudere grazie all’amore. Il suo destino dipende dalla felicità che ciascuno dei due saprà trarre da queste dinamiche.»                                                                                                                                                       

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