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Musiche del mondo

YOUSSOU N’DOUR: quando il Palais Saint-Vincent si trasformò in un Great African Ball

E’ nato in autunno (il 1° ottobre 1959), ma i concerti del cantante senegalese Youssou N’Dour sono talmente “calienti” che sembra sempre estate. Fu così anche quel freddo 7 novembre 2002 in cui si esibì a Saint-Vincent per la Saison Cuturelle. Alla fine, infatti, il Palais sembrava un “Great African Ball”, uno di quei party danzanti senegalesi, cioè, che, grazie a Youssou, hanno conquistato New York e Parigi. Echeggiando le torride maratone musicali che lui ed i “Super Etoile” sono soliti tenere al nightclub “Thiossane” di Dakar, dove You, come viene familiarmente chiamato, mette a punto le sue infallibili macchine sonore fatte per trasmettere gioia ed energia.

«Scrivere canzoni per me è un processo collettivo perché molti input mi vengono dalla band e dal pubblico.- mi disse prima del concerto- Quando siamo in Senegal suoniamo dal vivo quattro volte la settimana nel nostro nightclub, così abbiamo la grande opportunità di vedere i pezzi che si evolvono sera dopo sera come in un laboratorio. Penso sia la stessa cosa che provavano Miles Davis o John Coltrane quando suonavano tutte le sere il loro jazz nei clubs.» Accanto ai sincopati ritmi senegalesi, nel calderone della sua musica, sono, così, entrate spruzzate di rock, reggae, rumba, soul, funky, mielismi di ispirazione Sufi, sonorità pop ed altro ancora. Quella “world-pop fusion” teorizzata da molti che lui, però, ha concretizzato al meglio, tanto da essere eletto “Artista Africano del XX secolo“. Come, infatti, ha cantato nella canzone-manifesto “The Same”: “Sound is the same for all the world/ Everybody has a heart/ Everybody gets a feeling/ Rock, reggae, jazz, mbalax/ All around the world, the same / Pachanga, soul music, rhythm and blues/ The same”.

Fu Peter Gabriel che, ospitandolo nel 1986 nel suo Cd “So”, gli aprì le porte del grande pop internazionale. Al 1989 risale, invece, “The Lion“, il suo primo Cd per un’etichetta internazionale (la “Virgin”), a cui sono seguiti altri 18 Cd e il grande successo di “Seven seconds” (cantato nel 1994 con Neneh Cherry), che, con 1 milione e mezzo di Cd venduti, lo impose nelle classifiche europee ed americane, trasformando l'”Enfant chéri de la Médina” (il quartiere di Dakar dove ha debuttato) in un vero e proprio ambasciatore della musica africana nel mondo.

Cosa ne pensi della tanta sbandierata globalizzazione?, gli chiesi. «Bisogna tenere sempre presente che siamo diversi. Per lingua, per cultura, per religione. Quello che io intendo per globalizzazione è il riuscire ad incontrarsi in qualche modo conservando il nostro bagaglio di tradizioni. Io porto le mie piccole cose, tu le tue e, alla fine, riusciamo a collaborare conservando la nostra diversità.» Nei bis finali, dopo la celeberrima “Seven seconds”, You ha concluso con la suggestiva “Africa, dream again” tratto da “Nothing’s In Vain” (che allora era il suo ultimo Cd). «L’Africa ha molti problemi- concluse- ma, nello stresso tempo, quando parlo con i giovani sento che sperano che le cose cambino. In questa “happy song” dico, infatti, che se guardiamo il valore della cultura africana possiamo veramente credere che il sogno africano si realizzerà presto.»          

SEVEN SECONDS 

Non guardarmi da lontano
Non guardare il mio sorriso
E non pensare che non sappia
Cosa c’è al di fuori di me
Non voglio che mi guardi e pensi
Che quel che c’è in te è per me
E quel che c’è in me è per aiutare gli altri

Immagino quali siano le ragioni che ci spingono a cambiare ogni cosa
Vorrei che dimenticassimo il loro aspetto esteriore
Così potranno essere ottimisti
Troppi sguardi alla deriva che fanno di loro dei disperati
Lasciamo le porte completamente aperte
Così potranno parlare del loro dolore e della loro gioia
Poi potremo dargli i consigli
Che ci uniranno

Non è questione di un secondo
Ne sono già trascorsi sette
Solo finché sarò presente
Aspetterò

Niente può farci scappare
Eppure dovremo scappare
Da quelli che ci tenteranno con le falsità
Per il figlio e la pietra
Cattivi nel profondo
L’uomo non è malvagio, nemmeno quando è appena nato
E quando un bambino nasce in questo mondo
Non sa
Che il colore della pelle gli vive dentro

Non è questione di un secondo
Ne sono già trascorsi sette
Solo finché sarò presente
Aspetterò

Ci sono milioni di voci
Ci sono milioni di voci
Che ti dicono cosa dovresti pensare
Sarebbe meglio che le ascoltassi per un secondo.

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