L’eliminazione dalle selezioni per il Festival di Sanremo 2013 e la fine di un rapporto sentimentale hanno segnato uno spartiacque nel percorso artistico ed umano della cantautrice valdostana Naïf Herin.
Da lì è partito il cambiamento che si respira nel suo quinto cd, “Metamorfosi”, pubblicato il 20 gennaio su tutte le piattaforme digitali (per le copie fisiche, con la grafica di Francesco Stefanini e le foto di Annalaura Masciavè, bisognerà, invece, aspettare qualche giorno).
A precederlo, il 13, è stata la pubblicazione su YouTube del singolo “Métamorphose”, brano che inneggia, in francese, al cambiamento, passando, musicalmente, da atmosfere classicheggianti a pulsanti suoni elettronici.
Sono le due anime che caratterizzano anche il sound, elaborato con l’aiuto di Simone Momo Riva (per il lato pop-rock) e Federico Marchetti (per gli archi), delle 12 canzoni di un cd dalle atmosfere, quanto mai cangianti. Perché, come canta in “Poveribelli”, “la diversità è la vera più grande ricchezza”, per cui, a rischio di disorientare il pubblico più pigro, la cantautrice non si fa mancare niente. Dalle esplosioni di energia che trasmettono le persone speciali (“Boom”), alle pulsioni erotiche di “Un bel limone”, dall’esperienza del volo come rito di maturazione (“Viaggio zero”) all’illuminazione di “Tu sei un miracolo” (che vanta la partecipazione del celebre coro Le Mystère des Voix Bulgares).
Dove, però, la sua “voglia di spaccare il muso al cielo” si esalta è nei brani musicalmente più introspettivi. A cominciare da “Aspettando l’aurora”, sulle cui inquiete armonie classicheggianti, canta: “volevo imparare ad amare e invece ho imparato a piangere. Volevo imparare a vincere e invece ho imparato a vivere.” O nella ballad “Ti auguro il meglio” in cui canta le parole più difficili da dire quando una storia finisce: “lo so che ti manco perché anche tu manchi a me.” O, infine, dove traccia bilanci artistici (”Tenco è morto”) ed umani (“30 anni”) di una spietata lucidità (“Eccomi qui a trent’anni con un presente da precario, un passato da esordiente ed un futuro da coglio…”).
D’altronde la musica, quella vera, non può mentire (“sennò sarai scoperto” canta in “Tenco è morto”), e le canzoni del cd hanno conservato la spudoratezza del soliloquio intrecciato, in un casale della campagna umbra, con un pianoforte tedesco a fine carriera, Otto, che, qualche mese fa, le ha generate. Un discorso a parte merita la conclusiva, spensierata, “Caterina”, canto propiziatorio perché si accorga di lei Caterina Caselli, mammasantissima di quel mondo discografico italiano in cui Naif Herin si è intrufolata nel corso del recente Capodanno Rai a Courmayeur, dove, alle due passate, ha cantato “Centro di gravità permanente” di Battiato. «Bisognava fare delle cover– spiega- per cui ho scelto un brano del 1981, l’anno in cui sono nata, che anch’esso, all’epoca, segnò la metamorfosi del suo autore.»